FOTO: (Vatican Media)
Una pratica terribile. Una condotta ingiustificabile. Talmente grave che non danneggia solo chi la subisce ma anche chi la pratica. Un crimine che disumanizza le vittime e al tempo stesso porta gli autori a «prendere la scala in discesa» ad «andare giù» fino a «diventare animali». In una parola: la tratta è un crimine contro l’umanità. Non è la prima volta che il Papa affronta di petto la mercificazione delle persone, donne soprattutto, a vantaggio degli interessi egoistici e sessuali di criminali senza scrupoli, ma in poche altre occasioni aveva usato immagini ugualmente efficaci. Così il discorso rivolto ai partecipanti alla Conferenza internazionale organizzata dalla sezione migranti e rifugiati del “Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale”, diventa una sorta di sintesi, di summa, degli interventi su uno degli argomenti che più angosciano il Pontefice. Una riflessione che non si esaurisce nella semplice denuncia ma chiede un’azione pastorale efficace e coordinata, nell’auspicio che la comunità internazionale adotti politiche davvero umane, nel senso che mettono al centro la persona.
Ecco allora il plauso «alle tante congregazioni religiose che hanno operato e operano – anche in rete tra loro – come “avanguardie” dell’azione missionaria della Chiesa contro ogni forma di tratta». Ecco la sottolineatura che tutti gli interventi «che si prefiggono di restaurare e promuovere la nostra umanità e quella degli altri sono in linea con la missione della Chiesa, quale continuazione della missione salvifica di Cristo». Ecco, una volta di più, il richiamo gli Orientamenti Pastorali pubblicati dallo stesso dicastero promotore del convegno, soprattutto là dove parafrasando Amoris laetitia, denunciano «una crescita dell’individualismo e dell’egocentrismo, attitudini che tendono a considerare gli altri in una prospettiva meramente utilitaristica, attribuendogli un valore secondo criteri di convenienza e beneficio personale».
IL DOCUMENTO Orientamenti pastorali sulla tratta di persone
Detto in altro modo, lo sfruttamento degli altri è perversamente ma silenziosamente accettato come «mezzo per ottenere piacere e guadagno personale, anche se il linguaggio utilizzato si riferisce alle leggi di mercato: competizione sregolata per ridurre - con qualsiasi mezzo - i costi di ogni bene o servizio».
Proprio questa infatti è la definizione, vissuta sulla propria pelle da tanti scartati, di “mercificazione”. Una parola, meglio una bestemmia che toglie all’altro ogni libertà, che lo disumanizza. Si tratta allora, spiega Francesco ai 200 partecipanti alla Conferenza internazionale vaticana, di restaurare e promuovere la dignità di ciascuno, secondo la missione affidata da Gesù a chi decide di seguirlo. In questo senso non mancano i segnali positivi, a partire, sottolinea il Papa dall’impegno pastorale generosamente assunto da molte Chiese locali per «prevenire la tratta, proteggere i sopravvissuti e perseguire i colpevoli».
Però gli interventi solitari non bastano, per rendere più efficace la sua azione la comunità ecclesiale deve sapersi avvalere della cooperazione di attori politici e sociali. «La stipulazione di collaborazioni strutturate con istituzioni e altre organizzazioni della società civile – osserva in proposito il Papa – sarà garanzia di risultati più incisivi e duraturi». Occorre cioè tradurre in impegni coordinati le pur generose pratiche singole, sapendo che se da un lato si tratta di una missione «spesso rischiosa e anonima» oltreché poco popolare, dall’altro si può contare su un aiuto più forte di ogni altro, quello che si alimenta con la preghiera e la fedeltà alla Parola.
L'ORAZIONE Ecco la preghiera per le vittime della tratta
Non a caso il discorso si conclude con l’invocazione a Giuseppina Bakhita, la santa che da bambina conobbe la schiavitù. Così come è significativo che i testi della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo siano stati affidati a suor Eugenia Bonetti che alla guida dell’associazione “Slaves no more” è da sempre in prima linea contro la tratta. Una pratica che è l’esatto opposto della misericordia. Mentre infatti quest’ultima, come direbbe Shakespeare, è due volte benedetta, perché «benedice colui che la esercita e colui che la riceve», la mercificazione della persona risulta doppiamente inaccettabile, in quanto chi la pratica «reca danno non solo agli altri ma anche a se stesso». È infatti nella relazione con gli altri – ricorda Bergoglio – che «ci giochiamo la nostra umanità, avvicinandoci o allontanandoci dal modello di essere umano voluto da Dio Padre e rivelato nel Figlio incarnato». Che si è fatto uomo per insegnarci a esserlo.