Caro direttore,
veramente l’Unione Europea può obbligare gli Stati membri al riconoscimento automatico del rapporto di filiazione anche all’interno delle coppie omogenitoriali? Il tema, com’è noto, è controverso, e, recentemente, è stato ripreso dal commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders, il quale ha ribadito il parere della Commissione Ue, già espressa nell’iniziativa della Commissione sulle situazioni familiari transfrontaliere e nella relativa proposta di regolamento in merito alla creazione di un certificato europeo di genitorialità. In particolare, secondo questa linea, gli Stati membri dovrebbero riconoscere la filiazione di un minore accertata in un altro Stato membro, e ciò alla luce dei Trattati Ue soprattutto in materia di libera circolazione.
Osservando le reazioni suscitate dalle parole del commissario Reynders, si può notare che la discussione è sempre la stessa: la presunta discriminazione delle coppie omogenitoriali cui non verrebbe riconosciuto il desiderio a diventare genitori. Ebbene, poiché la Commissione si rivolge agli Stati membri imponendo obblighi giuridici, prima di ogni cosa, va analizzata la vicenda sotto un profilo giuridico. E a tal proposito, non si può non ricordare che il riconoscimento automatico del rapporto di filiazione costituisce una vicenda rientrante nell’ambito della filiazione e del diritto di famiglia, ovvero materie che, in forza del principio di sussidiarietà, sono decise dagli Stati membri. Pertanto, secondo l’ordinamento italiano, solo il legame biologico determina l’automatismo nel rapporto di filiazione, e ciò è stabilito nell’interesse dei figli. In tutti gli altri casi, sempre nell’interesse dei figli, è considerato necessario l’intervento di un’autorità, il giudice, a garanzia del rispetto dei requisiti per il riconoscimento della responsabilità genitoriale.
L’Italia ha perciò espresso un giudizio molto chiaro: proprio nell’interesse dei minori non va esteso l’automatismo nel riconoscimento della filiazione ad adulti, privi di legame biologico con gli stessi minori. E la Ue, non rispettando le determinazioni italiane in questa materia, rischia di rendersi responsabile di un’illegittima intromissione nelle competenze degli Stati membri. La Commissione, insomma, sembra volere per i minori in una situazione transfrontaliera un riconoscimento reciproco “automatico” della filiazione stabilita in ogni Stato membro, indipendentemente dal legame biologico degli adulti con il minore. Tuttavia, in questo modo non è vero che si garantiscono meglio ai bambini interessati i diritti di libera circolazione e di soggiorno nella Ue, poiché essi sono già garantiti dal diritto comunitario, ma si aumenta proprio l’ingerenza del diritto della Ue in materia di filiazione, obbligazioni alimentari e successioni. Questa è l’opinione espressa recentemente anche dal Senato francese con la risoluzione del 22 marzo 2023. Il tentativo (neppure tanto implicito) di introdurre nel diritto degli Stati membri istituti giuridici nuovi si sviluppa anche su un altro fronte.
La Commissione Ue sta provando a introdurre, nel diritto di famiglia, una nuova categoria giuridica, la “genitorialità” (parenthood), ulteriore rispetto alla “filiazione”. Si vorrebbe così garantire a chi pretende la genitorialità come diritto il meccanismo ora previsto solo nella filiazione in caso di legame biologico tra bambino e genitori, e cioè il riconoscimento automatico della responsabilità genitoriale anche a una persona adulta priva di legame biologico con il minore. Si creerebbe così anche un’ingiusta disparità rispetto all’istituto giuridico dell’adozione. Ma soprattutto, se tale riconoscimento fosse ammesso, si modificherebbe il diritto di famiglia italiano, anche senza il consenso dello Stato membro interessato.
Altro che rispetto dei Trattati e del principio di sussidiarietà che rappresentano per la Ue una garanzia di “unità”, che non è sinonimo di “uniformità”, come affermato giovedì 23 marzo dal Papa nel corso dell’Udienza ai partecipanti alla Plenaria della Commissione degli episcopati della Ue (Comece). In conclusione, il tema della genitorialità è e deve rimanere una tema nazionale, da risolvere internamente senza tuttavia lasciare spazio a visioni ideologiche. Pertanto, è certamente ideologico parlare del desiderio degli adulti ad avere bambini come fondamento di un cosiddetto “diritto alla genitorialità”. Delegare la capacità genitoriale con contratto vincolante (anche se gratuito) vuol dire trasformare il bambino da dono a prodotto. È questo che si vuole?
Presidente della Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa (Fafce) e vicepresidente dell’Unione dei giuristi cattolici italiani (Ugci)