Bisogna proprio riuscire a guardarli in faccia i padroni e i protettori di Azzardopoli. Bisogna una buona volta stanarla questa potentissima e trasversale consorteria che sta costruendo la nuova grande "industria" italiana che illude, incatena e sbrana i soldi e la salute soprattutto di chi ha meno.
Bisogna finalmente capire perché proprio ora, proprio adesso che la crisi moltiplica e morde i poveri, costoro siano stati messi in condizione di far esplodere i propri fatturati letteralmente sulle pelle di "giocatori" ridotti a malati compulsivi, garantendo regimi fiscali di favore – persino dello zero virgola qualcosa – e concedendo persino vergognosi supersconti (Avvenire del 22 novembre scorso). Bisogna anche chiedersi che razza di Europa in questi ultimi anni abbiamo lasciato costruire a certi "altri" – bisogna chiederselo da italiani, da cittadini, da cristiani e da uomini e donne di coscienza – se ci ritroviamo con regole che impongono (e poi, meno male, il Parlamento ha deciso di non adeguarsi almeno per un po’) una stretta dell’Iva contro la cooperazione sociale e stendono i tappeti rossi delle "liberalizzazioni" al dilagare delle slot machine online.
Bisogna pur decidersi a fare tutto questo. Senza lasciare più troppo soli la Fondazione Antiusura, il cartello associativo "Insieme contro l’azzardo" e quelli come noi che tentano di allertare l’opinione pubblica e di mettere in punto di reputazione i complici burocratici e istituzionali di Azzardopoli. E se salta anche fuori, come sta saltando fuori, che nel solito Decreto Milleproroghe di fine anno si vuole far incistare una norma che sembra – sembra – senza padri, ma è già abbozzata, circola, non viene smentita e fa gongolare i signori di cui sopra perché piazza nelle nostre città l’Italia ben mille «sale da poker», bisogna chiederne conto. Questo facciamo, oggi, reclamando un sensato e immediato stop, seguito dall’indietro tutta. E davvero vorremmo guardare in faccia chi lavora a tempo pieno per Bisca Italia.