Monsignor Attilio Nicora mentre riceve da papa Giovanni Paolo II la berretta cardinalizia, il 21 ottobre 2003 (Foto Ansa)
Desidero dare una testimonianza sulla personalità del cardinale Attilio Nicora, per averlo conosciuto, e aver collaborato con lui in lunghi anni, nella sua duplice veste di negoziatore nei rapporti tra Stato e Chiesa e di Pastore. E credo che si dovrà esplorare e far conoscere, anche a livello scientifico, il ruolo di prezioso e sapiente tessitore che ha svolto nelle relazioni ecclesiastiche dell’ultimo trentennio: molte sue scelte e attività sono avvolte in quel giusto riserbo che si deve alle grandi svolte diplomatiche, ma che oggi può considerarsi superato. Il primo stupore che si è manifestato in me deriva dal fatto che le due dimensioni, di negoziatore e di Pastore, sono sempre state collegate, amalgamate, prive di sfilacciature. Dopo le trattative per il Concordato, tra il 1976 e il 1983 con Agostino Casaroli e Achille Silvestrini, il rapporto con Attilio Nicora si avvia nel 1984, quando presiede la Commissione paritetica per la riforma della amministrazione ecclesiastica e dei rapporti finanziari tra Stato e Chiesa, e si prolunga negli anni successivi senza mai interrompersi, fino all’ultimo incontro pubblico nel Convegno sulla libertà religiosa, svoltosi al Senato nel maggio 2016.
Negli anni del negoziato si affrontano riforme di carattere storico, con innovazioni coraggiose, e si lavora per mesi al Pontificio Seminario Lombardo a Roma nel realizzare Intese di diversa grandezza, si affrontano momenti difficili, qualche volta aspri, nei rapporti politici che, soprattutto negli anni 80, risentono ancora di antiche diffidenze e conoscono sussulti polemici duri. Attilio Nicora affronta le situazioni con una serenità e profondità di pensiero che permettono di avvicinare le posizioni, superare le resistenze alle novità: una sua caratteristica innata, coltivata alla luce di una visione superiore del ruolo che svolge. L’impressione che si ha sin dall’inizio è di trovarsi di fronte a una personalità nella quale la cultura giuridica si fonde con la sensibilità storica, doti affinate, che permettono di elaborare scelte strategiche.
Si confrontano in quegli anni generazioni diverse rispetto ai referenti politici che devono poi approvare i nuovi Accordi, ma il rapporto tra storia e diritto è comune alle grandi personalità di allora, Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Giuliano Amato, Giovanni Spadolini. Ciò permette ad Attilio Nicora di affrontare, con i suoi interlocutori, il grande tema dell’amministrazione e degli enti ecclesiastici, conoscendo bene i valori (e le asprezze) della tradizione risorgimentale, e il cammino percorso dall’Italia dalla stesura della Costituzione democratica, con le norme sulla libertà religiosa e gli articoli 7 e 8 che sanciscono il principio di bilateralità tra Sato e Chiese. La sua formazione montiniana, propria del cattolicesimo democratico, lo rende l’interlocutore privilegiato delle personalità politiche che guardano a una società pluralista, radicata nella tradizione cristiana.
Si conviene presto, nel corso delle trattative, che il rispetto per le leggi dello Stato, e della azione che la Chiesa, e le sue strutture, realizzano a favore della popolazione, costituiscono le basi d’una riforma storica che troverà conferme negli anni della crisi politico-economica e dell’immigrazione. La riforma prevede che gli enti della Chiesa svolgano attività religiose, ma anche assistenziali, di beneficienza, e istruzione, così superando quella diffidenza ottocentesca che pur sopravvive nelle pieghe della politica. Un legame forte si stabilisce sulla questione finanziaria, ricordando che i legislatori liberali sono stati i primi nell’Ottocento a istituire i 'supplementi di congrua' a favore del clero basso, apprezzando il valore sociale dell’opera dei sacerdoti a favore della popolazione. Da questa comune ascendenza storicoculturale nasce l’idea dell’8 per mille, maturata nei colloqui con interlocutori come Giulio Tremonti e Francesco Margiotta Broglio, con la quale si riconosce il ruolo sociale delle Chiese e si rapporta la misura dell’erogazione finanziaria alla volontà dei cittadini che si esprime annualmente.
Viene meno il sistema dei supplementi di congrua, e ciò dà luogo a critiche politiche, a timori in ambito ecclesiastico, come una diffidenza più o meno esplicita. Attilio Nicora, come protagonista della riforma, la promuove, gira l’Italia, nelle diocesi, è instancabile nei Convegni e nelle Università, per un risultato che poi rasserenerà, ottenendo un consenso unanime. E svolge una funzione che va oltre il negoziato, con un’opera di sapiente tessitura personale e culturale tra livelli politici ed ecclesiastici che non sempre si frequentano. Nei momenti più salienti del negoziato, realizza incontri con esponenti della Chiesa, come i cardinali Carlo Maria Martini e Ugo Poletti, ed esponenti politici come Paolo Bufalini e Renato Zangheri che apprezzano i contenuti della riforma, dandole una base di consenso pluralista.
C'è un altro momento difficile, non privo di asprezze, quando nel 1987 si apre la polemica per l’Intesa sull’insegnamento della religione, e ciò provoca in alcuni gruppi politici la ripresa di un filone anticoncordatario, che vanta ancora radici storicoculturali. Nell’occasione, poiché Enrico Berlinguer è scomparso da tempo, una eco significativa si ha anche nel maggior partito della sinistra, soprattutto in ambito sindacale e parlamentare. Con Achille Silvestrini, Attilio Nicora partecipa attivamente a incontri con esponenti della sinistra per giungere a un accordo rispettoso dei princìpi costituzionali, che porterà tra l’altro alla Legge che disciplina le condizioni perché i ragazzi possano avvalersi liberamente dell’ora di religione. Pur in ambito di correttezza, qualche incontro presenta momenti di tensione, che Attilio Nicora vive con una serenità che affascina gli interlocutori. Questa serenità consente di superare la crisi, riannodare una tela di rapporti che permettere di confermare l’ora di religione come mezzo di arricchimento della scuola italiana, oggi scelto da oltre i quattro quinti dei ragazzi.
Attilio Nicora, scrivevo all'inizio, nel pieno dell’impegno riformatore agisce sempre come Pastore testimoniando la propria dimensione di fede, che lo porta a occuparsi d’ogni questione con una pazienza e un’umiltà che destano stupore e fascino. Posso aggiungere qui una nota molto personale. Egli esercita una forte influenza spirituale su di me, soprattutto quando nel corso degli anni parliamo dei valori etici che conoscono un declino crescente attorno a noi, della deriva individualistica che quasi anticipa gli esiti nichilisti che oggi conosciamo appieno. Questa dimensione dello scambio s’intensifica nel tempo e ha un suo esito, facendo fare un salto di qualità al nostro rapporto, divenuto con il tempo culturale e spirituale insieme.