La ricerca Censis-Assindatcolf sull’aumento delle persone anziane sole, la scarsità di badanti e lo stress a cui sono sottoposti i caregiver (i familiari che li assistono), presentata giovedì 27, evidenzia ancora una volta una questione sociale che riguarda le famiglie italiane. E che, a causa dei potenti cambiamenti demografici, ha ormai assunto i connotati di una vera e propria emergenza a cui occorrerebbe rispondere con misure di una certa consistenza.
Gli over 60 che fanno nucleo a sé sfiorano infatti i 9 milioni e, pur augurando a tutti buona salute e lunga vita, è facile immaginare che la gran parte di loro da qui a 10 o 20 anni avrà bisogno di un’assistenza costante e prolungata nel tempo. E se già oggi si avverte una carenza di personale di cura - per la contemporanea difficoltà delle famiglie a sostenerne i costi e per la scarsità di addetti adeguatamente qualificati – è facile immaginare che in un prossimo futuro l’emergenza diventerà ancora più drammatica. Finora è stata la famiglia stessa a fungere da grande ammortizzatore sociale e a garantire sempre e comunque la primaria assistenza agli anziani non autosufficienti, così come alle persone con gravi disabilità. A costo di doversi arrangiare nel “bene” – con notevoli sacrifici personali per i caregiver – e nel “male” con rapporti in nero o sottopagati di badanti straniere. Ma con il progressivo restringersi dei nuclei familiari e l’allungarsi delle catene generazionali, l’alternativa a un’ospedalizzazione di massa richiede interventi decisi e rapidi. Su quattro filoni principali: potenziamento e miglioramento dell’assistenza domiciliare, sostegno economico alle famiglie con detrazioni/deduzioni legate all’emersione dal “nero”, qualificazione degli addetti del settore e riconoscimento del ruolo e dei bisogni dei caregiver familiari.
Sui primi tre temi è già intervenuta la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, progettando una vera e propria rivoluzione attesa in Italia da decenni. Sull’ultimo punto, invece, nella scorsa legislatura è fallito un primo tentativo di approvare una norma specifica e ora ci sono 12 proposte di legge che giacciono in Parlamento, senza che si sia trovata un’intesa per arrivare a un testo base da cui far partire la discussione. Da ultimo, infine, la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, ha avviato una consultazione con un gruppo di associazioni e, d’intesa con il dicastero del Lavoro, sta elaborando un testo di iniziativa governativa. Un attivismo lodevole.
Proprio l’esperienza della riforma dell’assistenza agli anziani – con la legge delega bipartisan rimasta quasi del tutto sulla carta – testimonia però che neppure fare buone norme basta – ammesso che si arrivi ad approvarle - se non si prevede di dare loro sostanza concreta con stanziamenti adeguati e duraturi nel tempo. Prima ancora di promettere qualsiasi intervento occorre avere la certezza di corrispondenti partite nella legge di Bilancio. Meglio: è necessario scegliere, a priori, il peso che intendiamo attribuire in Italia al welfare in generale e all’assistenza ad anziani, persone con disabilità e famiglie nello specifico. Quale posto questi temi occupano nei programmi del Governo e delle forze politiche, con il coraggio di esplicitarne valori e fonti di finanziamento.
Solo per restare alle cronache di questi giorni si discute di interventi da 3 miliardi di euro per calmierare l’aumento delle bollette energetiche o di una copertura simile per il taglio di due punti della terza aliquota Irpef. Ancora, si spinge per un’ennesima rottamazione di cartelle esattoriali, a beneficio degli evasori, con mancati incassi per 5 miliardi. E soprattutto si prospetta un raddoppio, se non un aumento di oltre tre volte, della spesa per la Difesa, così come chiesto dagli Usa e dalla Nato: dai 32 miliardi attuali a 64 fino a un massimo di 110 miliardi di euro. Significherebbe impiegare da 1,5 a 3,5 punti di Pil in più per armamenti ed esercito. Cifre, quest’ultime, astronomiche. A fronte delle quali, nei mesi scorsi, non sono stati trovati 1,1 miliardi per dare avvio concreto alla riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti che – a regime – avrebbe avuto un costo aggiuntivo totale di 7 miliardi di euro. E così pure per le agevolazioni fiscali e previdenziali a favore di famiglie e caregiver, sempre considerate troppo costose, sempre negate.
È vero, il nostro indebitamento ha superato i 3mila miliardi di euro, il deficit pubblico è pesante e dobbiamo sottostare a una rigida disciplina di bilancio. Ma non è che non ci siano soldi in assoluto: la questione è quanti se ne vuole impiegare e dove e come. Gli anziani in vertiginoso aumento, le persone con disabilità e i caregiver familiari evidentemente non sono considerati, come pure dovrebbero, una priorità.