Le ricerche non sono in grado di stabilire l’impatto sui reati individuali. Le mafie hanno attività diversificate e possono aprire nuovi mercati con altre sostanze illegali - Ansa
A una settimana dal lancio, la raccolta firme per il Referendum sulla Cannabis ha raggiunto oggi quota 500.000, la cifra limite che permetterà al quesito di andare al voto nella primavera del 2022.
La proposta di referendum sulla legalizzazione della cannabis ha riavviato un dibattito che appariva scomparso in Italia, vale a dire quello sulla legalizzazione delle droghe leggere e degli eventuali impatti sulla società. Come è noto, la diffusione della cannabis è massiva. Secondo i dati diffusi nella relazione annuale al parlamento 2020 del Dipartimento per le politiche antidroga, i consumi di cannabis rimangono in particolare elevati tra i giovanissimi: oltre un terzo degli studenti ha dichiarato di aver provato almeno una volta e un 16% circa dichiara di farne uso abituale. Diverse sono le argomentazioni utilizzate in questi giorni sia dai fautori che dagli oppositori della legalizzazione. Se nel dibattito l’attenzione viene posta in primo luogo sugli effetti che la legalizzazione può avere in termini di salute pubblica, tra le diverse argomentazioni si ritrovano anche la valutazione e le previsioni riguardo l’impatto sul crimine di una legalizzazione della cannabis.
Ça va sans dire, i sostenitori della legalizzazione prevedono una riduzione di diverse attività criminose laddove gli oppositori ritengono che sia più probabile un aumento. In linea generale, una legalizzazione induce una cancellazione di alcune forme di reato e quindi è evidente e anche semplicistico affermarlo che vi possa essere una diminuzione dei reati legati alla produzione e allo spaccio della cannabis. Più interessante e complesso è interrogarsi in merito all’eventuale impatto che la legalizzazione può avere sulle attività criminali in generale e non solamente su quelle strettamente legate a produzione e spaccio. Secondo chi si oppone alla legalizzazione, infatti, la maggiore diffusione di una sostanza psicoattiva potrebbe ingenerare un aumento di alcuni reati anche di natura violenta, mentre i fautori della legalizzazione sostengono che la disponibilità di una sostanza ricreativa legale possa da un lato diminuire le interazioni dei consumatori con esponenti della criminalità organizzata – con tutti i rischi che ciò comporta – e dall’altro vi sarebbero anche benefici indiretti in virtù delle risorse di polizia liberate che potrebbero essere destinate ad altre attività di contrasto al crimine.
Il traffico e la vendita di marijuana costituiscono solo una parte delle attività criminose ad opera delle organizzazioni mafiose, dunque è plausibile immaginare che possa avvenire una sostituzione con altre sostanze
Dato che nel mondo la tendenza alla legalizzazione della cannabis a fini ricreativi ha preso avvio in alcuni Stati degli Stati Uniti d’America, negli ultimi anni hanno incominciato ad essere finalmente disponibili dati e ricerche riguardo agli effetti della legalizzazione della marijuana nella federazione americana. Le poche evidenze empiriche finora disponibili, però, non consentono di avere un’idea univoca in merito. Un gruppo di ricercatori italiani, utilizzando dati statunitensi, ha pubblicato nel 2019 sul Journal of Economic Behavior and Organization un’indagine che mostra una riduzione di stupri e reati di natura patrimoniale in seguito alla legalizzazione della cannabis in Oregon e nello stato di Washington. Un’ulteriore ricerca pubblicata nel maggio 2020 sulla rivista Journal of Drug Issues ha analizzato gli effetti 'spaziali' della legalizzazione della marijuana, vale a dire l’impatto che l’'apertura' in alcuni Stati ha prodotto nelle aree limitrofe, dove la sostanza è rimasta illegale. Lo studio mostra che nelle contee limitrofe agli stati del Colorado e di Washington si è avuta una riduzione dei reati contro il patrimonio e di furti, in virtù della tendenza razionale dei consumatori a muoversi per l’approvvigionamento nelle aree in cui la droga è diventata legale. A distanza di pochi mesi, comunque, una nuova ricerca pubblicata sul Journal of Criminal Justice, che utilizzava peraltro la medesima metodologia statistica per quanto attiene allo stato dell’Oregon, ritrovava risultati contrari indicando un aumento sia dei reati contro il patrimonio sia dei crimini violenti. E solo pochi mesi prima, nel 2020, una ricerca pubblicata sulla rivista Justice Quartely da parte di un gruppo di lavoro dell’Università del Colorado aveva mostrato che la legalizzazione della marijuana poteva dirsi associata all’aumento di alcune forme di crimine.
In breve, non è possibile ancora affermare in maniera netta che la legalizzazione della cannabis abbia un effetto chiaro sul crimine in un senso o nell’altro. Se da un lato, quindi, la varietà dei risultati finora presenti in letteratura non consente di formare un’idea univoca, dall’altro è necessario sottolineare che tutti questi lavori di ricerca riguardano esclusivamente reati di natura individuale e non di natura associativa. In pratica, le serie storiche dei reati utilizzate nelle analisi statistiche riguardano sia reati contro il patrimonio sia reati di natura violenta compiuti esclusivamente da individui. Non si ritrovano, in queste statistiche, dati in merito all’attività e alla pervasività delle organizzazioni criminali. Questo rappresenta un limite sostanziale della ricerca corrente, in particolare per le droghe illegali.
Dato che il traffico e lo spaccio di sostanze psicoattive illegali rappresenta la principale fonte di liquidità per le organizzazioni criminali – nazionali e transnazionali – è necessario chiedersi se un’eventuale legalizzazione abbia un qualche impatto anche sui gruppi criminali e sulle loro capacità operative. La risposta anche in questo caso, plausibilmente, non sembra però essere univoca. Le organizzazioni criminali più grandi e organizzate (‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra) non sono strutture 'specializzate', ma 'diversificate'. Invero, le mafie svolgono una serie di attività criminose di cui il traffico e la commercializzazione di cannabis costituiscono solo una parte. In particolare, per quanto attiene alle sostanze stupefacenti illegali, tutte le organizzazioni più strutturate sono coinvolte nel traffico e nello spaccio di tutti i tipi di droghe. In breve, se la cannabis fosse legalizzata, sicuramente le organizzazioni criminali si ritroverebbero a modificare la loro 'offerta' criminale, ma sicuramente non in senso sostanziale. P er quanto attiene allo spaccio di sostanze psicoattive è plausibile che possa essere favorito un meccanismo di sostituzione della cannabis con altre sostanze. In questa prospettiva, infatti, sarà del tutto razionale per i boss del narcotraffico operare un 'cambio di rotta' e favorire quindi la domanda di altre sostanze psicoattive illegali, ad esempio attraverso la riduzione dei prezzi al dettaglio di queste ultime. Come già evidenziato nella relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze del 2020 si è già manifestata da tempo una tendenza di crescita del consumo di cocaina e di altre sostanze sintetiche definite 'nuove sostanze psicoattive', pertanto questa tendenza paradossalmente potrebbe rafforzarsi in seguito alla legalizzazione della cannabis, se non per la totalità dei consumatori quantomeno per una frazione di questi.
È auspicabile che argomentazioni e valutazioni più robuste e articolate siano presenti nel dibattito attorno al referendum
Quindi, se i gruppi più grandi potrebbero essere costretti a modificare strategie e alcune scelte operative, senza però correre grandi rischi, a subire un ridimensionamento e un depotenziamento significativo potrebbero essere verosimilmente organizzazioni di minori dimensioni, ovvero corpuscoli criminali specializzati nello spaccio dei soli cannabinoidi. In ultima analisi, la relazione tra un’eventuale legalizzazione della cannabis e il crimine nelle sue diverse forme è argomento abbastanza complesso, e al momento questa complessità non sembra essere rappresentata nel dibattito pubblico attorno all’iniziativa referendaria. Sarebbe invece auspicabile che argomentazioni e valutazioni più robuste e articolate siano presenti nel dibattito, considerato che le persone saranno chiamate a esprimersi su un tema che riguarda in particolare i più giovani.