Caro direttore,
ho letto la difesa, un po’ troppo appassionata, dell’onorificenza concessa ad Asmae Dachan, giornalista-attivista che ha condotto battaglie in favore del velo islamico e di cui si sospettano frequentazioni familiari con i Fratelli Musulmani. A volte la partigianeria fa brutti scherzi. Nel suo ardente desiderio di controbattere alle affermazioni di Giorgia Meloni, la giornalista Lucia Capuzzi incorre in due errori da matita blu: prima ci informa che la Dachan sarebbe uscita dalla Siria a 18 anni, mentre un semplice giro su Internet avrebbe rivelato che la signora è nata, a suo dire, in Italia; secondo, come prova – del tutto inconsistente in verità – della sua estraneità all’estremismo islamico ci dice testualmente che avrebbe lasciato la Siria a 18 anni prima che il clan Assad prendesse il potere. Ebbene, chiunque sappia tre cose, ma proprio tre, sulla Siria sa benissimo che il clan Assad è al potere dal 1970 mentre la signora Dachan ha compiuto 18 anni alla fine degli anni ’90. Per puro desiderio brevità poi preferisco astenermi dal commentare la natura alquanto apodittica del resto dell’articolo. Ma le chiedo questo: di fronte ad errori madornali come questi, come faccio a fidarmi del resto dell’articolo? E poi, più fondamentalmente, io compro il giornale perché mi aspetto che esista un controllo di qualità sui contenuti; ma se se la qualità dell’informazione è pari a quella di Twitter perché dovrei continuare a farlo?
Marco Fantini Udine
Caro direttore,
le avevo scritto, a suo tempo – da italiano tre volte – per esprimere la mia soddisfazione di avere una concittadina come la signora Dachan. Ora vorrei manifestare il mio più vivo compiacimento per l’onorificenza che il Presidente della Repubblica ( il buon Dio ce lo conservi a lungo...) le ha conferito. Alla neo Cavaliere vorrei dire – a proposito delle volgari insinuazioni contro di lei – semplicemente: «Non ti curar di lor...». Quanto all’attuale Governo, che ha formalizzato la proposta di questo Cavalierato, penso che sarà l’unica iniziativa degna del mio ricordo. Cari saluti e grazie, come sempre, per il vostro lavoro.
Giorgio Vallery Milano
Gentile signor Fantini, temo, che lei abbia letto un po’ in fretta e, dunque, male. Molto male. Nella sua lettera, infatti, confonde informazioni su Asmae Dachan (giornalista e nostra collaboratrice, nata in Italia, come attesta l’anagrafe) con dati biografici su suo padre Nour (medico e imam, nato in Siria, che lui – appunto – ha lasciato a 18 anni). Questo la mia ottima collega Lucia Capuzzi ha scritto con concisa chiarezza, che è altra cosa rispetto alla vaghezza e nulla ha a che vedere con l’imprecisione. Posso poi assicurarle, ma basta consultare le annate di 'Avvenire' per rendersene conto, che sappiamo più di «tre cose» sulla Siria e sul resto del mondo. Non per nulla il rispetto per il nostro quotidiano tra lettori e addetti ai lavori sono legati, da decenni alla grande qualità delle nostre pagine di informazione internazionale. Qualità che spesso s’incrocia con la passione, è vero. La passione per le vittime dell’ingiustizia e della persecuzione (religiosa e politica) alle quali cerchiamo di dare sempre il primo posto. Con naturale e speciale attenzione ai nostri fratelli di fede, ma sempre e comunque al fianco – per quanto possibile – di ogni donna e ogni uomo che soffra e subisca sopraffazione, e di chiunque costruisca la pace nella giustizia e nella libertà. Dunque, signor Fantini, lei si è semplicemente sbagliato. O, meglio, ha malinteso. Rilegga il limpido corsivo di Lucia Capuzzi e vedrà che è così. Nostri «errori madornali» non ci sono, mentre ce ne sono di gravi nelle parole di Giorgia Meloni, persona e leader di partito che ho imparato a conoscere come a sua volta appassionata e anche dura nelle cose che dice e fa, ma non superficiale e avventata. Per come la conosco, dunque, Meloni - che è stata evidentemente male informata - si correggerà pubblicamente e si chiarirà, da donna a donna, con Asmae Dachan, della quale è assurdo mistificare l’impegno per l’incontro, il dialogo e il rispetto reciproco tra musulmani e cristiani e la serena adesione ai princìpi della nostra Costituzione attestato da ciò che scrive da anni oltre che dalla sua vita personale. La scelta di portare il velo e di difendere il senso del libero e consapevole uso di questo indumento non è in contraddizione con l’adesione ai nostri valori fondativi. Ed è possibile perché il nostro è un Paese dove, nonostante una cospicua corrente di laicismo ostile, si sono realizzate a partire dalla radicata cultura cristiana e da una via via più saggia visione liberale le condizioni per una laicità inclusiva. Una laicità, dunque, che non esclude e non emargina la fede religiosa dei cittadini, ma la rispetta e tende a valorizzarla. L’impegno di Asmae Dachan, che non è legata o anche solo vicina ai Fratelli Musulmani, è dunque noto. Oltre al suo lavoro di cronista e alla battaglia culturale per la pace, da giornalista – e da italiana di origine siriana – ha denunciato con forza ingiustizie e orrori del regime siriano degli Assad così come ha denunciato gli orrori del terrorismo di matrice jihadista. Tutto questo, dentro la cornice del suo essere cittadina irreprensibile, le è valso il riconoscimento di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica. Onorificenza che le è stata attribuita dal Capo dello Stato su proposta avanzata dall’Ordine dei giornalisti delle Marche e formalizzata dal Governo, ovviamente dopo essere stata vagliata dalla autorità di pubblica sicurezza. Ripeto: spero che Meloni si corregga, frenando sino a spegnere la campagna di odio e di diffamazione che si è accesa a partire dalle sue parole. Una campagna sviluppata soprattutto via web e purtroppo approdata sulle pagine di un quotidiano cartaceo, basata su informazioni distorte e manipolate, secondo tecniche tipiche dei regimi illiberali e dei loro fiancheggiatori, assemblate per screditare voci libere e scomode. Se la presidente di Fdi non si correggerà, vorrà dire che la conosco male. Ma, proprio come lei scrive, gentile lettore, sarebbe anche la conferma che «la partigianeria fa brutti scherzi». Certe volte pessimi. Questi scherzi possono toccare a chi scrive sui giornali: in genere non a noi, e stavolta - come le ho dimostrato - certamente no. Ma riguardano anche chi legge in fretta, anzi di furia. Molto meglio farlo con calma, caro signor Fantini. Si evita di dare 'lezioni' inutili e lanciare boomerang. Si goda piuttosto con serenità e fiducia la lettura di 'Avvenire' e continui interrogarsi criticamente (a questo servono i giornali) su ciò che scriviamo. Soprattutto stia tranquillo su un punto: non siamo infallibili, ma siamo attenti e onesti. E sappiamo riconoscere veleni e avvelenatori.
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Mi concentro solo qui, infine, sulla lettera dell’avvocato Giorgio Vallery. Per dare alla sue parole un’attenzione più breve, ma speciale. I lettori non sono tenuti a ricordare perché si definisca «italiano tre volte». Li aiuto: sabato 24 giugno 2017, mi scrisse a proposito di uno splendido articolo di Asmae Dachan, e gli risposi in questa stessa pagina, Vallery spiegò così le sue radici e quell’immagine: «Per nascita: Zara 1933. Per sangue: tutti gli avi dalmati italiani (documentato almeno dal 1750!). Per 'opzione': a causa del trattato di pace dell’ultima guerra, dopo aver perduto tutto, per voler rimanere italiani abbiamo dovuto richiedere alla Jugoslavia il formale riconoscimento della nostra italianità». Italiano tre volte, appunto. Ho sempre nuove conferme del fatto che coloro che nella loro storia di persone e di cittadini hanno davvero sofferto esilio, ingiustizia e umiliazione sanno essere rispettosi e solidali come pochi altri. E sono innamorati della verità. E sanno che l’odio non piega le persone giuste. Anche per questo non mi stanco di rendere merito e onore agli italiani esuli dalla Dalmazia, dall’Istria e da Fiume. Grazie, caro amico.