Caro direttore,
ho aspettato – per non generare pensieri malsani e considerazioni unilaterali, dato che sono suo fratello nella fede e nel sacerdozio – prima esprimere piena solidarietà e amicizia a padre Maurizio Patriciello per la vera e propria 'lapidazione di parole' che ha subìto per aver espresso, con garbo e sollecitudine pastorale un pensiero che condivido e sottoscrivo. Lo riporto per evitare ulteriori strumentalizzazioni: «Sono nato da un padre e una madre. Mio padre si chiamava Raffaele, mia madre Stefania. Mio padre era maschio, mia madre femmina. Sono loro eternamente grato per il dono immenso della vita. Genitore 1 e genitore 2 mi ricordano le prime addizioni alla scuola elementare. Un obbrobrio. Smettiamola. Facciamo le persone serie. E badiamo ai veri problemi del Paese». Se parlassero i neonati, se i piccoli riuscissero ad esprimere l’innato desiderio e legame con un padre e una madre, anche qualora 'si dimenticassero dei figli', se potessimo ritornare al calore delle parole che edificano un mondo giusto e non ideologizzato. Ci sono i figli proprio perché ci sono un padre e una madre. Ciò non sminuisce né svuota il dibattito attuale sulla genitorialità, e la consapevolezza che maternità e paternità non sono solo biologici, ma quando la vita è ideologizzata da poteri manipolatori questo diventa molto pericoloso. Ripartiamo dalla realtà che le parole interpretano, perché hanno un grande potere: quello di far vivere e uccidere. Ripartiamo dal rispettarci l’un l’altro e dal rispettare chi non può decidere responsabilmente e con cognizione: i piccoli, i bambini. Questo si può dire ancora?
don Fortunato Di Noto
Gentile direttore,
viviamo nel Casertano e siamo il papà e la mamma di due bambini di quattro e sei anni. Seguiamo con attenzione gli interventi di padre Maurizio Patriciello, coraggioso parroco di Caivano, paese nel Napoletano confinante con il nostro. In un recente post su Facebook padre Maurizio ha commentato la scelta del Ministero dell’Interno di sostituire i termini 'padre' e 'madre' con il termine 'genitori'. A fronte di un punto di vista espresso in modo cortese e autentico, ha fatto da contraltare una reazione scomposta per non dire offensiva da parte del segretario dell’Arcigay di Napoli che ha definito il sacerdote «personaggio in cerca di visibilità politica», associandolo a «speculatori sociali» e «seminatori di odio» e ha minacciato di manifestare nella cittadina del parroco. Due perplessità. 1) Certi argomenti, quasi tutti legati alla vita e alla famiglia, stanno diventando un campo minato e le reazioni a posizioni di impronta cristiana sono di violenza inaudita. 2) In un simile clima, la possibilità di un confronto costruttivo si riduce, perché dialogo e libertà di opinione vanno insieme. Ma l’intimidazione non può prevalere e non si può subire.
Armando Corsini e Cinzia Laurenza Marcianise
Caro direttore,
sono una biologa e docente. Le scrivo in merito a un attacco mistificante e ingiusto del segretario Arcigay di Napoli a padre Maurizio Patriciello. Sono rimasta allibita dalle offese violente nei confronti di chi afferma solo la propria opinione, senza offendere nessuno. Siamo in un Paese democratico dove ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee in piena libertà di coscienza. L’annuncio della ministra Lamorgese di rimuovere dai documenti per gli under14 la dicitura unica, profonda e vera di 'madre' e 'padre' mi ha enormemente scosso e offeso come donna. Tristemente, discutendo di questioni così complesse, si dimentica che al centro di tutto vi sono bambini indifesi che hanno il diritto di avere una madre e un padre e chiamarli tali. Non è questione di protezione della privacy la sostituzione coi termini freddi di genitori identificati da un numero, in questo modo si ferisce la famiglia e l’identità dell’umanità.
Diva Cristiano Parma
Gentile direttore,
insegno, sono architetto, esperto di robotica e di tutto ciò che l’uomo riesce a inventare, per il bene comune. Le scrivo in merito al becero attacco che ha subito padre Maurizio Patriciello. Lungo tutta la mia carriera, ho avuto a che fare con oltre quattromila alunni e con i loro genitori. Ho cercato di educare i 'miei' ragazzi con dignità e rispetto verso tutti, dando un valore alle questioni più profonde dell’Uomo. E tra queste, la più importante è il diritto a nascere. Il diritto alla vita. Nascere da un uomo e da una donna, senza uteri in affitto, liquidi seminali in vendita e così via. Purtroppo il segretario dell’Arcigay di Napoli, ha calunniato e offeso pubblicamente padre Patriciello, solo perché egli ha espresso la sua opinione riguardo l’introduzione della dicitura di 'genitore 1 e 2' nei moduli amministrativi. Come uomo di scienza, posso affermare senza dubbio che le posizioni del sacerdote sono esattamente come le mie. Non è questione di fede, ma di logica: di scienza, quella vera. Quella che rispetta la vita, sempre. Il resto è ipocrisia.
Luca Pagano Formia
Gentile direttore,
ritengo gratuito l’attacco che il segretario dell’Arcigay di Napoli ha riservato al vostro collaboratore ed editorialista don Maurizio Patriciello. Ho trovato i toni di don Maurizio sulla questione 'genitore 1 e 2' di un’ironia intelligente, sana, senza odio, che anzi, simpaticamente ci mostra come a volte siamo bravi a incartarci da soli, quando in nome di una presunta modernità, finiamo per cadere in clamorose contraddizioni. A una prima lettura, la questione sembrerebbe persino superflua, a chi importa se al posto di un consueto 'madre' e 'padre', d’ora in avanti sui moduli amministrativi ci troveremo di fronte la dicitura 'genitore 1' e 'genitore 2'? In realtà, è in discussione il ruolo della coppia familiare, intesa come unione di un uomo e una donna. E per essere veicolato il nuovo 'verbo' ha bisogno di metodi e termini che gradualmente ci facciano abituare a un nuovo concetto di genitorialità. A chi giova tutto questo? Difficile dirlo, di sicuro non ai bambini che ragionando in maniera molto più pragmatica degli adulti, condizionati da troppi preconcetti, vedono e sanno che ci vogliono un uomo e una donna per generare una vita e quindi per essere genitori. Che ingenui!
Marco Russo, quattro volte padre Pordenone
Caro direttore, mi ha colpito la reazione violenta dell’Arcigay di Napoli nei confronti di don Maurizio Patriciello, reo di aver espresso un suo pensiero sulla decisione del Viminale di ripristinare le diciture 'genitore 1' e 'genitore 2' difendendo con garbo i concetti e le realtà di 'madre' e 'padre'. Viviamo in un momento storico in cui domina il 'politicamente corretto' a tutti i costi e in tutti i campi, mentre è chiaro che non bastano le poche righe di un messaggio via social network per esprimere compiutamente un’idea, mentre esse sono più che sufficienti, e maledettamente efficaci, a vomitare accuse, fomentare odio e gettare discredito sul prossimo. Così, come in questo caso, all’argomentazione del pensiero e al confronto tendono a subentrare l’offesa e la gogna mediatica. Le scrivo perché non può passare sotto silenzio l’attacco violento perpetrato nei confronti di un uomo e di un prete che ha fatto della difesa degli ultimi, dei discriminati, dei non-tollerati la propria missione.
Francesco Oliva Cassino
Mi verrebbe da aggiungere solo un 'grazie' agli amici e alle amiche che ci leggono e che hanno espresso la loro solidarietà a Maurizio Patriciello, sacerdote tra la sua gente e nostro compagno di strada nella quotidiana fatica d’Avvenire nella quale siamo impegnati su queste pagine di giornale. Queste amiche e questi amici sono molte e molti di più di coloro che firmano la selezione di lettere che pubblico oggi, ma non mi interessa mostrare muscoli e far vedere che anche i 'buoni' sanno alzare la voce. E non mi interessa neppure – anche se sarei tentato – di gridare che bisogna liberare la bellissima parola 'genitore' (e la quasi cancellata 'genitrice') dalla zavorra dell’ideologismo anti-materno e anti-paterno. Mi pare importante, oggi, sottolineare soprattutto un problema di libertà, e di onestà. Questa triste storia di parole rende chiaro che resta forte, purtroppo, una prepotente e aspra tendenza a 'fare la caricatura' delle opinioni che con chiarezza e misura 'escono dal coro' nel pubblico dibattito su questioni decisive che riguardano la vita e la morte e le relazioni tra le persone, a cominciare dal rapporto che dà inizio a ogni esistenza umana e che è sempre frutto dell’incontro (in condizioni, lo sappiamo, non sempre ideali o anche solo lineari) tra le storie e le capacità generative di una donna-madre e di un uomo-padre. È davvero scomodo chi parla con garbo e passione, come don Maurizio, ed è capace di far riflettere e di spingere alla solidarietà fattiva sia che si tratti di difendere la vita dall’inquinamento criminale della natura e della città sia che si tratti di resistere alla manipolazione delle coscienze e alla strumentalizzazione di chiunque. È scomodo, e allora, lo si dipinge come un aggressore e un violento... Questa è pura menzogna e grave intimidazione. Ci pensi chi ha attaccato a nome dell’Arcigay di Napoli... L’esibizione di manganellature digitali come quella dedicata a don Patriciello spiega perché da tempo io sostenga che i più seri avversari di una eventuale normativa contro l’«omofobia» siano certi propagandisti di quelle stesse norme (che sono state approvate alla Camera e inviate al Senato). Anche il legislatore ci pensi e ci ripensi. Simili episodi finiscono per dimostrare, come nel caso di cui stiamo ragionando, che si dice di voler fermare chi odia, ma poi si mette nel mirino chi non odia affatto, ma intelligentemente (e magari contagiosamente) dissente da un pensiero che si vorrebbe dominante e persino unico. Beh, questo si chiama liberticidio.