Omicidio del consenziente, Cappato risponde ma evita il nodo del «quesito sbagliato»
mercoledì 25 agosto 2021

Caro direttore,

ci sarà tempo e modo di discutere anche in punta di diritto i rilievi del presidente emerito della Corte costituzionale Flick sul «quesito sbagliato» (del referendum sull’articolo 579 del Codice penale: depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, ndr). Noto solo che l’aggettivo «sbagliato» sta nel titolo, ma non nell’intervista. Mi limito a considerazioni generali. I referendum sono solo abrogativi e, dunque, la prima conseguenza che andrebbe tratta sarebbe quella di non pretendere che un referendum fornisca come risultato un’articolata produzione normativa, già perfettamente raccordata con altre norme. Un referendum in materia penale può solo, per definizione, depenalizzare, in questo caso all’interno del perimetro già definito nella sentenza della Consulta nel caso Cappato-Antoniani (suicidio assistito del Dj Fabo, ndr). La conseguenza della vittoria dei Sì sarà dunque che l’aiuto a morire potrà essere fornito in presenza dei criteri stabiliti dalla Consulta anche da una terza persona, su richiesta del paziente, espressa nelle modalità previste dalla legge sul consenso informato e l’interruzione delle terapie. Con ciò si eliminerebbe l’attuale discriminazione – già sottolineata dal Comitato nazionale di bioetica – nei confronti di malati che non possono o non vogliono procurarsi la morte da sé, ma hanno bisogno di aiuto per farlo. Sarà poi compito del legislatore definire le procedure nell’accesso all’eutanasia. Quanto al 'testo base' all’esame del Parlamento, che Flick cita come una delle 'coordinate' per il dibattito, non si può che sottolineare ciò che è ovvio: dopo quasi tre anni dalla prima sollecitazione della Consulta al Parlamento, quel testo non è ancora arrivato in aula nemmeno in una delle due Camere.

Marco Cappato, Tesoriere Associazione Luca Coscioni


Sin da sabato 21 agosto avevamo cercato, purtroppo inutilmente, una reazione ai rigorosi appunti del professor Giovanni Maria Flick al 'quesito eutanasico' proposto dal settore di mondo radicale che Marco Cappato rappresenta. Lo ringrazio dunque per la lettera che mi ha fatto pervenire ieri, martedì 24. E prendo atto del fatto che egli ribadisce, anche a nome dei promotori della consultazione referendaria, temi e visioni piuttosto noti a proposito della morte procurata di una persona. Noti e, infatti, già nel dibattito da tempo. Constato anche che la lettera (che ho ridotto all’essenziale, cioè al punto chiave nella nostra intervista a Flick) gira evasivamente alla larga dai seri e severi appunti del gran giurista da noi intervistato sabato scorso. Quelli che portano a concludere che il quesito è, appunto, sbagliato. A cominciare dal fatto che se il referendum si celebrasse e se il Sì prevalesse, verrebbe depenalizzato anche l’omicidio del consenziente (o presunto tale) sano. E l’uccisione di una persona consenziente (o presunta tale) diverrebbe paradossalmente meno grave dell’aiuto a un suicida... Ripeto: stiamo parlando dell’omicidio del consenziente non solo malato, ma anche sano. Liberi di far fuori, potrebbe sintetizzare polemicamente più di qualcuno. Un principio non di libertà, ma di ambigua e drammatica inciviltà, dico io. E non riesco a credere che questo possa essere l’intendimento di Cappato e degli altri promotori del referendum. Mi auguro, perciò, che ci sia un saggio ripensamento su questo nuovo tentativo di assestare un 'colpo d’accetta' a nodi che riguardano vita e morte delle persone. Se non ci fosse, spero nella saggezza di tutti gli altri.

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