Non spendiamo presto e bene. Il terzo settore sa farlo, e c'è
sabato 16 gennaio 2021

Caro direttore,

la capacità di spesa è un problema per il nostro Paese: nell’ultimo quinquennio l’Italia ha utilizzato solo il 38,4% dei fondi strutturali dell’Unione, finendo penultima in classifica. Occorrono procedure straordinarie, ha denunciato Gentiloni, commissario europeo agli Affari Economici, per evitare il rischio di perdere erogazioni.

Ma leggi e procedure non bastano, chiedono il coinvolgimento di soggetti attivi che sappiano venire in soccorso a questa debolezza dello Stato. E la notizia buona è che sono già in campo, basta solo coinvolgerli in un protagonismo nuovo: sono i molti soggetti del Terzo settore che non si sono mai fermati nei mesi della pandemia, mentre lo Stato, le amministrazioni, le sue strutture centrali e periferiche hanno annaspato, dimostrando di non essere in grado di spendere i fondi assegnati per freni non solo burocratici.

Punte avanzate come imprese sociali, fondazioni, ong, enti diversi escono da questi mesi di lockdown più esperti e consapevoli del ruolo che possono giocare per il rilancio del Paese: in controtendenza rispetto a Pubblica amministrazione e mercato, hanno registrato un’occupazione in crescita, come ha certificato l’Istat; hanno saputo spendere le risorse assegnate nei tempi previsti, rendicontano fino all’ultimo centesimo le spese, monitorano il raggiungimento degli obiettivi, pubblicano i dati. E godono pure di buona reputazione, tanto da essere chiamati dal premier Conte il «cuore pulsante» del nostro Paese.

Questa la nostra proposta: inseriamo queste realtà nel piano di Next Generation Eu come soggetti diretti di implementazione, assegniamo loro fondi diretti. Questo è del resto sostenuto dalla sentenza (n. 131 del 26 giugno 2020) della Corte costituzionale e dalla modifica del Codice dei contratti, che stabiliscono che l’Amministrazione pubblica non è più il solo titolare del bene comune, che si realizza anche mediante una cooperazione con gli Enti di Terzo settore. Andando verso la logica della co-progettualità, superando quella dell’appalto, ogni euro speso ritornerà centuplicato in termini di dinamismo economico e sociale.

Nell’ambito della componente parità di genere, coesione sociale e territoriale, per la quale sarebbero previsti 17,2 miliardi nel Next Generation Eu, potrebbero essere gli enti del Terzo settore i soggetti erogatori dei fondi e non le amministrazioni pubbliche. Oggi non mancano in Italia almeno 50 organizzazioni che potrebbero utilizzare 50 milioni annui per 3 anni (in tutto 7,5 miliardi) in maniera addizionale ai loro bilanci, con modalità più efficaci, efficienti e trasparenti di qualunque amministrazione pubblica e locale. Un ulteriore semplice esempio: stiamo chiudendo un progetto, Building Hope, Costruire Speranza, di risposta all’emergenza Covid, finanziato da Usaid, in collaborazione con il Comune di Milano, la Croce Rossa Italiana-Comitato di Milano, gli Spedali Civili di Brescia, l’Ospedale Sacco di Milano, l’Associazione Portofranco. Tra le azioni previste c’è anche la fornitura ad alcuni ospedali di attrezzature sanitarie. Potevamo scegliere se far destinare i fondi dal donatore direttamente agli ospedali, per comperare le attrezzature, o acquistarle noi come ong per poi donarle agli ospedali. Questi hanno optato per la seconda via: se avessero dovuto provvedere direttamente all’acquisto dei macchinari, sarebbero ancora fermi alle procedure e non avrebbero già salvato vite umane.

Nell’acquistarli abbiamo seguito procedure trasparenti e tracciabili, secondo il sistema competitivo, abbiamo speso i fondi per tempo e ottenuto già molti dei risultati prefissati. Mentre tutto chiede ripartenza, puntiamo senza indugio su chi senza fermarsi mai, anticiclico, ha lavorato per uno sviluppo sostenibile che non lasci indietro nessuno. Dobbiamo deciderci a intraprendere subito questa strada. Non è al buio, è già tracciata.

Segretario generale di Avsi

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