«Lo Stato sta tentando di sradicare la minaccia estremista e promuovere e proteggere una società dove a tutti siano garantiti uguali diritti e tutela al di là di casta, colore e credo religioso». La Chiesa è in campo con personale e fondi per promuovere campagne e azioni legali a favore di chi è discriminato
«Credo che l’uguaglianza tra tutti i cittadini sia presupposto essenziale per lo sviluppo. Se certi settori della società si sentono esclusi, questo apre a molti altri problemi. Negli ultimi decenni l’onda del radicalismo religioso ha creato in Pakistan una situazione dove le minoranze non si sentono accolte e protette e sono perseguitate in vario modo. Come evidenziano il numero crescente di accuse per atteggiamento blasfemo, i casi di giustizia sommaria e di gruppo, la discriminazione costituzionale, istituzionale e sociale ». La sintesi di Cecil Shane Chaudhry, direttore esecutivo della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cattolica del Pakistan, è impietosa, ma sicuramente non distante dalla realtà di un Paese con troppi problemi irrisolti, che richiederebbero un’azione incisiva perché in sé intollerabili e anche in quanto fortissimi limiti allo sviluppo e all’uguaglianza.
Problemi che pesano ancor più sulle minoranze religiose. Tra questi, la pratica del lavoro forzato, l’inclusione della religione nel documento d’identità, un sistema di elettorati separati che ghettizza i non musulmani, un’istruzione parziale e discriminatoria. Infine – o forse soprattutto per i suoi effetti – l’applicazione di leggi, come quella 'antiblasfemia', che alimentano sospetto e segregazione. «Braccio operativo» della Chiesa cattolica nella ricerca di soluzioni e nella loro implementazione è la Commissione Giustizia e Pace, istituita nel 1985 con il compito specifico di «operare per i diritti delle minoranze religiose, delle donne e dei bambini. Insomma, delle comunità emarginate in Pakistan», come ricorda ancora Chaudhry. Ed è difficile non pensare a casi come quelli di Asia Bibi.
«Alla commissione è stato affidato il compito di impegnarsi per la protezione delle comunità emarginate fornendo assistenza legale alle vittime di persecuzione e discriminazione per la loro fede. Inoltre, conduciamo ricerche, attività di lobby e di coscientizzazione sui diritti delle minoranze e per questo abbiamo ideato e concretizzato nel tempo diverse campagne», sottolinea il responsabile di Giustizia e Pace, la cui prima azione sistematica, nel 1987, fu indirizzata significativamente a contrastare il fenomeno del lavoro forzato nelle fabbriche di mattoni, che tradizionalmente coinvolge uomini e donne costretti a saldare con il proprio lavoro e spesso quello dei figli un debito contratto per necessità. L’iniziativa, attuata in coordinamento con altre organizzazioni, fu un successo, al punto che contribuì all’approvazione, nel 1992, della legge che proibisce questo tipo di schiavitù. Negli anni successivi l’attenzione si è concentrata soprattutto sugli abusi nel settore agricolo.
Legittimo chiedersi quali siano le difficoltà maggiori che una iniziativa cattolica incontra nel contesto pachistano... «Sicuramente uno degli ostacoli che riscontriamo è che, essendo una iniziativa ecclesiale, siamo spesso individuati come organizzazione nel governativa con un’agenda ispirata dall’Occidente e quindi non consona ai pretesi valori locali – ricorda Chaudhry –. Come conseguenza, i nostri operatori sono continuamente sottoposti al controllo dei servizi di intelligence e di sicurezza mentre subiscono minacce e critiche da settori estremisti della società». Quello dell’estremismo islamico è sicuramente un ostacolo con cui confrontarsi, ma vi sono discrepanze di visione tra la Chiesa cattolica e i leader musulmani riguardo sviluppo, giustizia e uguaglianza? «Io non credo che ci sia una divergenza di interpretazione dei problemi basata su una specifica visione religiosa. Il problema è più ampio. È lo Stato che manca nell’applicare le sue politiche, i suoi piani per assicurare uguaglianza, giustizia e pace. Ancor più quando si tratta di affrontare le questioni connesse con le minoranze religiose, in Pakistan sembrano spesso esserci una mancanza di volontà politica e un eccesso di timore per eventuali reazioni. Alla base di molte negatività presenti nel Paese vi sono povertà e sottosviluppo».
In che modo la Chiesa cattolica pachistana, anche attraverso la Commissione Giustizia e Pace, sostiene la crescita delle minoranze e in particolare dei cristiani? «Per il mandato ricevuto nell’area dei diritti umani, la Commissione Giustizia e Pace cerca di sostenere in vario modo una presa di coscienza dei problemi e di cercare soluzioni pratiche attraverso la nostra sede centrale di Lahore e le sette sedi diocesane-regionali, con il sostegno de- terminante di 200 attivisti. Ci troviamo in tempi difficili, con una conflittualità persistente nel Paese». Come può la pace essere ragionevolmente raggiunta e garantita? «Lo Stato sta tentando e dovrà farlo con ancor maggiore determinazione di sradicare la minaccia estremista dalla società e promuovere e proteggere una società dove a tutti siano garantiti uguali diritti e tutela al di là di casta, colore e credo. In questo ambito, Giustizia e Pace ha seguito direttamente finora 800 casi di individui o gruppi che necessitavano di consulenza legale o assistenza finanziaria».
Se il sostegno alle vittime di abusi in diverse forme resta centrale nell’impegno della Commissione e alla sua volontà di distinguersi dalle molte Ong che operano nel Paese dove le necessità sono molte e poche le risorse ufficiali, un ruolo di rilievo hanno anche la promozione della pace e della tolleranza con attività specifiche che coinvolgono politici, artisti, intellettuali, leader religiosi. Aperta a una effettiva cooperazione con i movimenti della società civile che ne condividono ideali e metodi, la Commissione Giustizia e Pace è parte del Comitato d’azione congiunto per i diritti della popolazione che accoglie un ampio spettro di gruppi e organizzazioni che chiedono il rispetto dello Stato di diritto e l’applicazione del dialogo nella soluzione della controversie in un Paese attraversato da tensioni sempre a rischio di sfociare in violenza aperta. Lo stesso Chaudhry segnalava qualche tempo fa all’Agenzia Fides come giustizia, pace siano insieme escluse e necessarie del Pakistan odierno. Davanti alla tentazione di una 'giustizia fai da te' o di azioni violente per contrastare le ingiustizie, occorre sviluppare un sentire comune di pace perché, ribadisce l’attivista cristiano, «il Paese è in un limbo che potrebbe generare conseguenze imprevedibili. Per noi la strada deve essere legale e costituzionale».