Caro direttore,
il vero problema non è la cancellazione della parola “Natale” nelle linee guida della Commissione europea, ma il fatto che per esemplificare una “comunicazione inclusiva” si accosti a una festività religiosa la deviazione “stressante”. Il problema è antropologico e non teologico! In una società secolarizzata noi credenti cosa testimoniamo dell’avvenimento fondamentale del cristianesimo? Quale Natale prepariamo? Forse lo stress è per una società consumistica; forse lo stress è per le donne, celebrate nelle Giornate a loro dedicate e poco aiutate nella quotidianità, che devono preparare mille cose in casa; forse lo stress è per i lavoratori sottopagati e sfruttati nei centri commerciali; forse lo stress è per i bambini dei genitori divorziati che devono fare la spola come pacchi tra Natale e Capodanno... Ed è qui che si cade nell’errore che si vuole combattere: volendo essere inclusivi, si esclude chi nel Natale accoglie la bellezza di un avvenimento che richiama i valori della famiglia, della festa, della solidarietà, della fraternità universale. E allora ha ragione la Ue: bisogna evitare l’espressione «il Natale può essere stressante» e preferire «le vacanze possono essere stressanti », perché il Natale non è mai stressante o meglio lo è per chi non accogliendo il mistero umanizzante di Cristo, finisce per dire come il Geraseno del Vangelo di Marco: «Che vuoi da noi, Gesù di Nazareth? Sei venuto a tormentarci?» (8,29). Non siamo chiamati a polemizzare, ma a testimoniare un Natale che non stressa.
don Salvatore Purcaro parroco e docente di teologia Nola (Na)
Lei ha tutte le ragioni del mondo, caro don Salvatore. Anzi, ha tutte le ragioni del Natale, quello vero. E tuttavia, pur ritenendo che in fondo in fondo l’intenzione della commissaria all’Uguaglianza fosse buona, penso che Helena Dalli a nome di tutta la Commissione Ue abbia fatto non bene, ma benissimo a fare marcia indietro e, almeno in italiano, a scusarsi apertamente. Non succede spesso che chi ha potere faccia un passo simile. E se succede per un motivo nobile come questo, rispettare e «non stressare» un sentimento religioso e popolare, mi pare che il segnale sia da cogliere con soddisfazione e da valorizzare. Detto questo, le confesso che continuo ad aspettare ripensamenti collettivi e coraggiose scelte comuni e inclusive dell’Unione su ben altri temi, a cominciare dall’umana e civile accoglienza dei richiedenti asilo. Tutti loro del protagonista del Natale, Gesù Cristo, al pari di ogni “ultimo” sono volto e carne.