mercoledì 2 ottobre 2019
Ora sono un docente e dopo le parole del mio nuovo ministro ancora mi chiedo: «Chi ha paura di un uomo in croce»?
Eliminarlo non si può
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Sul muro dell’aula del liceo che frequentavo da studente, a Catania, al posto del crocifisso si trovava scritto «Torno subito»; in realtà la parete era tanto impolverata che era rimasta la forma della croce, dunque il crocifisso non c’era, ma era come se ci fosse lo stesso. Ogni tanto qualche professore ne metteva uno di riserva che conservava con cura nel proprio cassetto, però periodicamente qualcuno lo faceva sparire di nuovo. Restavano quella scritta che in fondo dava speranza, l’impronta sulla polvere che sapeva tanto di Sindone e un chiodo che piantato sull’ombra della croce portava con sé un significato ben preciso. Ora sono un docente e dopo le parole del mio nuovo ministro ancora mi chiedo: "Chi ha paura di un uomo in croce"?

Se dovessimo svolgere un tema, di certo gli argomenti non mancherebbero: la questione delle radici cristiane dell’Europa, i diritti uguali per tutti, il rapporto tra cristianesimo e ogni altra religione, il simbolo che dà identità al nostro popolo, la laicità dello Stato... Già, tutto valido per una prova scolastica, ma la vita cristiana è un’altra cosa, e non deve essere strumentalizzata né dalla politica, né dalla cultura, né dai media, né da estremisti variamente assortiti. Allo stesso tempo i discorsi dei cattolici che cercano di vivere il Vangelo tutti i giorni, non possono cadere nella trappola del mondo, di parole che possono essere travisate e destare l’effetto contrario. Chi ha paura di un uomo in croce?

Lo ripeto anche a scuola, perché credo che dobbiamo saper guardare in una prospettiva diversa. Forse sono proprio alcuni cristiani ad averne paura tanto da ricordarsi della forza e del valore del segno che da secoli ci parla del Crocifisso solo in questi momenti, poi la notizia diventa vecchia e tutto ritorna come prima. La fede, il Vangelo, la Chiesa sono altro, e papa Francesco lo testimonia quotidianamente. I crocifissi da togliere e da proteggere sono i poveri del mondo che andrebbero sollevati dalla miseria, i bambini sfruttati che gridano aiuto, i senza dimora che chiedono attenzione, i giovani che hanno bisogno di relazioni significative, gli abbandonati, i perseguitati, gli esuli, i malati, i profughi e i migranti. Magari questi crocifissi già inchiodati nelle miserie del mondo fossero come tali al centro dei dibattiti quotidiani, delle contese ideali, di tutte le prime pagine dei giornali, nelle azioni dei politici, negli insegnamenti scolastici, nella missione di tutta la Chiesa... I crocifissi la vita ce li pone davanti agli occhi tutti i giorni. Perché i poveri sono sempre con noi. E così quell’Uomo in croce, che è Cristo, che l’Amore infinito, inquieta e scomoda, e più di qualcuno vorrebbe toglierselo da davanti agli occhi: perché ricorda a tutti che l’uomo è niente quando lotta solo per se stesso, quando vincono l’egoismo e l’amor proprio, la brama di desideri e di ricchezza, l’autoaffermazione e il compiacimento personale. Amiamo i simboli, difendiamoli, e facciamolo con la consapevolezza di ciò che conta davvero. Ogni vittima deve essere soccorsa e liberata, ma nessuno potrà mai eliminare i crocifissi.

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