L'esempio di Gregory Bongiorno ricorda che senza la mafia si può
martedì 24 gennaio 2023

Trapani non è solo la “borghesia mafiosa” che ha protetto la latitanza di Matteo Messina Denaro. Non sono solo imprenditori, medici, professionisti conniventi. È anche il viso sorridente e pulito di Gregory Bongiorno, presidente di Sicindustria (l’associazione che raccoglie gli imprenditori aderenti a Confindustria nelle Province della Sicilia occidentale), imprenditore di Castellammare del Golfo nel settore dei rifiuti, con centinaia di dipendenti, che nel 2013 aveva detto “no” al pizzo, denunciato i suoi estorsori e fatti condannare. Persona perbene, imprenditore illuminato, in un settore, quello dei rifiuti, spesso inquinatissimo e compromesso. Persona riservata, marito e padre affettuoso di due bimbi, non amava la ribalta, tantomeno quella dell’antimafia. Purtroppo, oggi dobbiamo scrivere che “era” quel viso sorridente e pulito, perché il giovane imprenditore, appena 47 anni, è morto improvvisamente nella notte tra sabato e domenica, appena sei giorni dopo l’arresto del superlatitante.

Un fatto di giustizia che Buongiorno aveva commentato in modo entusiasta. «Oggi è un giorno di festa e gli applausi e gli abbracci della gente per strada al fianco dei carabinieri rappresentano l’immagine più bella di questa giornata. L’arresto di Matteo Messina Denaro è la vittoria di tutti coloro che hanno sempre creduto nello Stato, non perdendo mai la speranza che un latitante potesse essere arrestato anche dopo trent’anni». Per poi subito aggiungere: «Questo risultato, però, non è solo un punto di arrivo, ma anche una nuova base di partenza perché la lotta alla mafia deve continuare ogni giorno senza mai arretrare di un passo».

Lui, con altri imprenditori, lo aveva dimostrato con fatti concreti. Non solo la denuncia dei mafiosi pagata con una vita blindata, e il forte impegno per la legalità nel suo difficile territorio, il Trapanese di Messina Denaro. Poco più di un mese fa a Palermo, alla Kalsa il più antico quartiere arabo della città, dove sono cresciuti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, era stato inaugurato un parco giochi per bambini realizzato grazie all’iniziativa dei giovani di Addiopizzo, il sostegno economico di dieci vittime dell’estorsione mafiosa e il lavoro di alcuni giovani detenuti. Tra gli imprenditori sostenitori proprio Bongiorno. In quell’occasione ci aveva detto convinto: «È un modo per dare una mano ai ragazzi che vogliono affrancarsi. Il degrado sociale è fatto anche di sporcizia, di mancanza di spazi, che fanno crescere l’illegalità, il non rispetto delle regole, la creazione di falsi miti. Dobbiamo realizzare questi luoghi di aggregazione per far sì che i ragazzi non finiscano nella rete del malaffare». E ci aveva dato appuntamento per raccontarci altre iniziative di una Sicilia che dice “no” alla mafia coi fatti. Bongiorno lo aveva fatto nella sua Castellammare, nel Trapanese come presidente di Confindustria, respingendo e denunciando le violenze mafiose, ma soprattutto promuovendo quell’economia trasparente, pulita, virtuosa che è il miglior antidoto nei confronti delle mafie, quelle alla Messina Denaro e quelle 2.0 (o addirittura 3.0) o quelle che alla violenza preferiscono la corruzione, trovando spesso le porte aperte della connivenza e della convenienza. Per fortuna non c’è solo la “borghesia mafiosa” che va combattuta non depotenziando gli strumenti investigativi, ma c’è anche una borghesia onesta, lavoratrice, pulita, che contrasta la mafia e i suoi alleati.

Proprio in questi giorni in cui tanto si parla delle collusioni, delle protezioni, che hanno garantito latitanza e affari del Matteo “Diabolik”, dovremmo scrivere di più di chi da tempo le combatte coi fatti, producendo reddito e lavoro pulito, quello che davvero serve al Sud per affrancarsi dal potere mafioso. Come faceva Gregory Bongiorno, l’altra Trapani. Serve un’altra narrazione, per dire che è possibile un’altra storia, un’altra vita, come ci indicano uomini e imprenditori come lui. È l’antimafia che parla poco e che fa, quella che davvero può vincere. «Siamo orgogliosi di essergli stati a fianco, ma siamo soprattutto onorati della sua testimonianza», lo ricorda Addiopizzo. Un ricordo che ora deve diventare impegno a continuare su quella strada, l’arma migliore per poter dire davvero “c’era una volta la mafia”.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: