La domanda ricorre soprattutto sui media: cosa sta facendo la Chiesa italiana? Nessuna inchiesta? Nessuna Commissione che faccia indagini? In vent’anni sia la società italiana sia la Chiesa hanno iniziato a cambiare mentalità riguardo a violenze e abusi su minori e categorie svantaggiate. E nell’ultimo quarto di secolo anche le leggi sono cambiate.
Sono molte migliaia i minori sottratti alle famiglie a causa di maltrattamenti, violenze assistite, abusi fisici e anche sessuali: purtroppo è l’ambito parentale, insieme a quelli sportivo e scolastico, i luoghi più a rischio per ragazzi, ragazze e adolescenti. Oggi in fortissima crescita c’è anche l’uso incontrollato e acritico della Rete, miniera di ricchezze, ma anche di percorsi oscuri e persino mortali. E i nostri ragazzi già a dieci anni iniziano a entrare e navigare senza barriere né vere protezioni.
Chi è responsabile della pedopornografia, della produzione e del consumo, della messa online e del relativo guadagno, dovrà rendere conto prima o poi e speriamo non solo al giudizio divino, ma anche ai giudici umani, dei tanti piccoli vittimizzati fino alla morte e comunque distrutti nella personalità, per sempre. Anche dentro le comunità cristiane però abbiamo visto emergere questi reati, che sono anche peccati gravissimi. E li abbiamo visti commessi anche da preti, religiosi, laici impegnati nei ministeri educativi, volontari, allenatori che si sono comportati da lupi, tradendo la loro vocazione o semplicemente la legge evangelica dell’amore del prossimo, che ha come risvolto l’amore preferenziale per i poveri e i piccoli, per i più vulnerabili.
C’erano nel passato, ci sono anche oggi. Gesù però l’aveva detto chiaramente: guai a chi scandalizza i piccoli, non solo con il cattivo esempio, ma tanto più con la violazione della loro anima, violando il loro corpo. È inevitabile che ci siano questi scandali, o per la patologia perversa di qualcuno che deve essere curato e fermato, o per la immaturità affettiva e sessuale di altri che non controllano la sessualità e l’aggressività e la riversano sugli adolescenti e i piccoli, i più facili da dominare e da sfruttare. E se i violatori appartengono al clero, o ai collaboratori del clero, devono essere scoperti, individuati, segnalati per metterli di fronte alla loro responsabilità e a una proposta di cura e di rielaborazione della loro identità, della vocazione. E questo fino all’assunzione di comportamenti maturi e controllati, se lo accettano e se il percorso avrà esito positivo. Ma intanto dovranno anche rispondere alla giustizia per i reati commessi. Senza disperare, perché la Grazia non è negata a nessuno.
La grande svolta che anche la Chiesa italiana sta facendo (vedi le sue Linee Guida del 2019, con i relativi impegni presi dai vescovi) è, però, il guardare al fenomeno dalla parte delle vittime, non dalla parte di chi ha commesso il delitto. Difendere loro, ascoltare loro, accompagnare loro, risarcire loro, aiutarle a recuperare dignità, a non vergognarsi e sentirsi in colpa come se fossero state complici e non fossero invece cadute nella trappola degli adescatori, dei manipo-latori di coscienze, degli sfruttatori che le hanno usate per compensare i loro bisogni più egocentrici e antiumani. L’impegno sarà quello di trovare persone, e grazie a Dio ce ne sono già diverse nelle diocesi, che sapranno accompagnarle attraverso le vie di un riscatto umano psicologico e spirituale, necessario soprattutto per chi dopo aver subito un danno così profondo da persone di chiesa, perde la fiducia anche in Dio e nella Chiesa stessa.
La Chiesa italiana con la sua rete dei Referenti diocesani e le loro équipe, con i centri di ascolto per i minori, presenti in tutte le diocesi si è avviata non solo a mettere a disposizione dei fedeli un luogo dove poter essere ascoltati e accolti, poi eventualmente indirizzati alle autorità ecclesiastiche o civili per le opportune denunce e i relativi processi, ma uno strumento di promozione della prevenzione. Perché questa è la scelta che riconosciamo necessaria: fare di tutto prima che l’abuso accada, individuare i rischi e le potenzialità dei nostri ambienti, selezionare e formare le persone che saranno a contatto con gli altri, soprattutto coi piccoli, con gli adolescenti, i giovani minorenni. Siamo nel tempo in cui si devono accendere non solo le telecamere, ma i nostri occhi, i nostri cuori, le nostre coscienze per vigilare e prenderci cura delle giovanissime vite preziose che ci sono affidate. Insieme chiediamo anche perdono.
E non solo per i reati compiuti da qualcuno di noi, ma anche per le nostre omissioni, le superficialità, la trascuratezza o il bisogno di tranquillità che ci ha fatto chiudere gli occhi sui segni premonitori di un reato (e un peccato) gravissimo che poteva essere evitato. Papa Francesco ha scritto a tutto il Popolo di Dio che ciascuno ha il suo pezzo di responsabilità. Stiamo attenti e rinnoviamo una cura speciale per i piccoli e i fragili: come ci vuole un villaggio per crescere un fanciullo purtroppo ci vuole la complicità di un villaggio per abusarne. Evitiamola, memori del passato e di quelle ferite che non vanno mai in prescrizione.
Arcivescovo di Ravenna-Cervia e presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Cei