Gentile direttore,
leggo dal Sud del mondo una vostra presentazione critica sull'ultima fatica del filosofo-patriarca Jürgen Habermas: «Per una genealogia del pensiero postmetafisico» (“Avvenire”, 27 gennaio 2023). Mi permetto di informarvi che siamo oltre la cultura coloniale eurocentrica, dove si guardavano dall'alto in basso altre culture e civiltà. Anzi, per l’uomo bianco queste non esistevano affatto. Esistevano immensi territori da conquistare con la forza delle armi, ricchezze da espropriare e saccheggiare, e olocausti per i “barbari” indigeni. Quell'epoca è finita da tempo e l'attuale guerra in Ucraina rende chiara, nella sua stessa radice, come sia solo una pia illusione la pretesa dell'Occidente per tornare alle impossibili, nefaste epoche del colonialismo e al dominio unipolare occidentale e anglofono. Siamo entrati nell'epoca delle pluriciviltà, con tutto quello che ne consegue, comprese filosofie, culture e tradizioni.
Luigi Flagelli
Grazie, gentile signor Flagelli, delle rapide informazioni che ci fornisce sulla complessità delle società umane. Ma forse ha mal compreso ciò che abbiamo scritto e che da tempo andiamo scrivendo. Qualche idea, in effetti, del tema l’abbiamo anche noi, proviamo a condividerla su queste pagine, anche presentando ai nostri lettori e lettrici idee potenti e utili come quelle di Habermas che – ricordo brevemente – nel libro citato (e recensito da Francesco Bellino) si propone appunto di aiutare da par suo a superare un certo sguardo «eurocentrico» e assolutamente relativista anche risalendo alle «origini comuni nella molteplicità delle civiltà moderne ancora fortemente influenzate dalle loro radici religiose». Credo che la sfida del nostro tempo sia non solo quella di prendere atto della ricchezza rappresentata dalle diversità culturali, etniche, politiche e religiose, ma di rinforzare i pilastri dell’unica civiltà che possiamo e dobbiamo costruire e cioè quella della convivenza e della concittadinanza tra persone, sistemi, visioni e fedi sul pianeta che è la nostra «casa comune» (suggestivamente e santamente il vescovo Tonino Bello parlava anche di «convivialità delle differenze»). Non mi piace parlare di pluriciviltà, ma civiltà umana con tutte le sue screziature e di un “alfabeto comune” che dobbiamo consolidare. Anche per questo considero terribile la ri-legittimazione della guerra come “strumento” nelle relazioni tra Stati e popoli che contrassegna il conflitto russo-ucraino. E ringrazio Dio per la spinta poderosa che viene in questo senso dal “Documento della Fratellanza umana” di Abu Dhabi, firmato da papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar Ahmed al-Tayyeb, e dall’enciclica Fratelli tutti.