Gentile direttore,
leggiamo l’articolo 29 della Costituzione italiana: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare». Di recente ci sono state polemiche interne al Pd tra l’ala laicista e quella cattolica su una questione tutt’altro che essenziale, in tempi di crisi economico-finanziaria, ma eticamente e ideologicamente sensibile, quella secondo la quale le coppie etero e omosessuali devono avere gli stessi diritti. Mi sembra che sui temi etici, lo statuto del partito affermi la libertà di pensiero e di azione e che ci sia – anche in caso di maggioranza interna – il voto secondo coscienza alla faccia della disciplina di partito, che significherebbe un "portare il cervello all’ammasso" di guareschiana memoria. Per questo mi hanno disturbato non poco le dichiarazioni del segretario Bersani per il quale il problema delle unioni gay, «si risolverà», comunque, in sostanza. Capisco l’unità del partito sul programma economico-sociale-finanziario, ma non si può esigerla sui temi e leggi, che anche dal mio punto di vista, sono "non negoziabili". Se troverà una maggioranza trasversale in Parlamento, visto che i laicisti abbondano in tutte i "partiti", Bersani «risolverà» il problema, ma non può pretendere dai cattolici né voti, né capitolazioni vergognose. Chissà perché il Pd ha, nella sua gran parte, la vocazione a farsi del male con le proprie stesse mani? Penso abbia bisogno del voto anche dei cattolici per poter governare... A mio modesto avviso i problemi da risolvere, in primis, sono i milioni di cittadini e famiglie in povertà, la mancanza di lavoro per capifamiglia disoccupati, la drammatica mancanza di lavoro per giovani, donne di tutta Italia (del Sud, ma anche del Nord) e la grave crisi economica che ne è la causa. Di questo dovrebbero preoccuparsi i partiti e la politica se avesse davvero a cuore quel famoso «bene comune» di cui tanto ci si riempie la bocca.
Giancarlo Maffezzoli, Garda (Vr)
Caro direttore,
il sindaco Pisapia è determinato, nonostante il parere contrario dell’arcivescovo Scola e di esponenti cattolici della sua stessa parte politica, a introdurre i cosiddetti registri civili delle coppie omosessuali e conviventi avendolo «promesso nel programma elettorale». Va preso atto della sua condotta formalmente corretta, ma da parte mia inviterei tuttavia il sindaco a fare alcune considerazioni. Anzitutto deve ricordarsi che il programma elettorale non viene mai eseguito integralmente e coi tempi che corrono esistono problemi più importanti. Va poi osservato che a motivo della sua ampiezza, raramente il programma viene visionato dagli elettori. Gli elettori votano l’indirizzo politico della lista più che i vari commi del programma. Personalmente, ritengo che i cattolici i quali a suo tempo votarono Pisapia e, poi, presero parte al Convegno mondiale delle Famiglie, siano contrari a questa novità. Considero anche che a Bologna nel giro dieci anni in detti famosi registri si sono iscritte solo dieci coppie. In altre città i registri sono rimasti quasi intonsi. L’introduzione di tali registri viene reclamata da taluni in funzione del riconoscimento di diritti di cui già usufruisce qualsiasi cittadino. Ma c’è di più: le coppie omosessuali o conviventi in questo momento godono, per molti aspetti e servizi, di un trattamento privilegiato rispetto alle coppie eterosessuali sposate... I singoli sono infatti più considerati e agevolati di coloro che fanno famiglia.
Bruno Mardegan, Milano