Là dove c’era l’erba, ora c’è un cimitero, non più una città. Così veniva da pensare sabato pomeriggio ai pochi milanesi (nativi e immigrati insieme) che ancora trovano il coraggio di avventurarsi lungo la Martesana, il Naviglio Piccolo che da secoli porta la sua acqua da Trezzo d’Adda fino alla Cassina de’ Pomm, angolo via Melchiorre Gioia, dove tristemente si interra. Le guide di Milano così descrivono un paesaggio che fino a pochissimi anni fa sembrava un quadro impressionista: «È un tratto ancora oggi molto apprezzato dai milanesi, che amano percorrerlo a piedi o in bicicletta, ritrovandosi in uno scorcio della città che tutto sembra fuorché la periferia di Milano, dove ville patrizie perfettamente ristrutturate, filari di orti urbani e cascate di glicine accompagnano il passo...». Ma in questo sabato rigido di gennaio imboccando il sentiero-ciclabile che da via Melchiorre Gioia costeggia il naviglio lo sfacelo stringe il cuore: da settembre il canale è stato prosciugato per i dovuti lavori agli argini secolari, lasciando allo scoperto putrescenti rifiuti che prima affioravano comunque sul pelo dell’acqua, materassi, copertoni, decine di scarpe, biciclette del Comune, carrelli della spesa, plastica a montagne.
Tra i rifiuti e il fango affiora anche un materasso - Foto Bellaspiga
Una discarica che ogni giorno aumenta a vista d’occhio, perché anche adesso che restano solo rare pozze qua e là, chi usava l’acqua come immondezzaio non ha smesso di farlo. Rare pozze, appunto, nelle quali ancora poche settimane fa boccheggiavano agonizzanti gli ultimi sopravvissuti di quelli che, fino a settembre, erano banchi di pesci che guizzavano fuori per prendere al volo libellule blu e bacche dagli alberi. Addetti del consorzio dei canali li hanno raccolti con bidoni e portati nell’Adda, ma era come svuotare il mare con un bicchiere: la moria è stata lenta e lascia ancora il suo odore. Anche i castorini, abituati a prendere gli avanzi della tavola dalle mani dei bambini durante le passeggiate familiari (bucce di banana, foglie di insalata…), ora giacciono gonfi a ventre in su.
Grandi pesci boccheggiano per giorni mentre l'acqua scende - Foto Bellaspiga
Questo è solo il teatro di quanto vogliamo raccontare: una storia che parla però di esseri umani, partiti da luoghi che nemmeno sanno cos’è la Martesana e forse neanche Milano, venuti da lontano in cerca di un presente ma arenati qui a due passi dalla via Gluck, dove qualche decennio fa affluivano altre speranze e el grand Milan dava lavoro a chi arrivava dal Meridione. Oggi i nuovi arrivati parlano lingue sconosciute e restano aggrappati a questi argini in mezzo ai topi, sdraiati giorno e notte nel tunnel sotto i binari della ferrovia. Sono partiti per disperazione (perché solo da disperati si può preferire questa vita a quella che si aveva) e dopo migliaia di chilometri sono ancora nella disperazione.
Escrementi e un carrello lungo la Martesana - Foto Bellaspiga
La galleria è buia. Da un lato decine di corpi in fila su materassi luridi, alcuni parlano tra loro, altri da soli, i più tacciono con lo sguardo vuoto, altri ancora ascoltano dai loro cellulari nenie di casa (a chi pensano? chi hanno lasciato laggiù?). Dall’altro lato, cumuli di escrementi. Perché non hanno un bagno, non c’è più nemmeno il naviglio da usare come fognatura. Le famiglie milanesi (native o immigrate), che il sabato per tradizione portano a passeggio i bambini, attraversano veloci la galleria indossando la mascherina, l’odore è insopportabile, l’aria malsana… Chi passa se la prende con il Comune, «è incivile, disumano, Milano non può ridursi così», «per le leggi italiane ed europee queste persone sono fantasmi, non esistono», ribatte Palazzo Marino, e si va avanti così, uomini e topi direbbe Steinbeck. Intanto sopra le loro teste i Frecciarossa sbuffano entrando in stazione per scaricare passeggeri indaffarati fino all’ultimo minuto sui computer dell’ufficio, o agiati turisti in visita alla metropoli più avanzata d’Italia.
Sabato scorso tutto questo, come da mesi. Con l’aggravante però del ghiaccio, che non si vedeva da anni e che è anche un buon segno, ma non per questa gente. Solo un ragazzo, nudo dalla testa ai piedi, cammina verso una pozza e lì si lava. Le famiglie con bambini accelerano il passo.
C'è anche un castorino morto - Foto Bellaspiga
E allora tu ti chiedi se questo è un uomo, se questa è Milano, se lo “skyline” fuori dalla galleria è davvero Gae Aulenti o è solo un miraggio. Se questa è accoglienza o suprema indifferenza. Poi guardi il ghiaccio e ti chiedi come resisteranno la prossima notte, o eviti di chiedertelo perché altrimenti dovresti trovare il coraggio – come avviene in società più povere delle nostre e per questo ancora umane – di aprire non dico le porte di casa, ma almeno del box auto, solo per due o tre giorni, finché non torna il caldo...
La notte è passata. I notiziari di domenica mattina parlano di un clochard che a due passi dalla Centrale è morto di freddo sotto un’altra galleria, il sottopasso Mortirolo, pochi metri da qui. « Apparente età di 50/60 anni, nessun altro dato». Poi l’aggiornamento: è un senegalese, Younous Gueyecherif. Il verdetto del medico legale: «arresto cardiocircolatorio causato dal freddo», il gelo gli ha bloccato il cuore.
Lunedì nel sottopasso Mortirolo il traffico scorre veloce. «Il ritorno dell’acqua nella Martesana è previsto per il 4 aprile», avvisa un cartello. Allora il naviglio tornerà a scorrere, a coprire le immondizie, a lavar via vergogne e rimorsi.