Caro direttore,
noi docenti di lingua italiana in Scuole e Università pubbliche e private della Tunisia intendiamo esprimere la nostra disapprovazione nei confronti delle dichiarazioni razziste nei confronti di questo Paese così legato all’Italia pronunciate ripetutamente dal neo ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini. Esse rivelano totale mancanza di conoscenza del complesso contesto socioeconomico del Paese in cui viviamo e lavoriamo con passione da anni. Come parte della comunità italiana in Tunisia, dichiariamo di non sentirci rappresentati da un governo che decide di lasciare in mezzo al mare una nave con centinaia di migranti, accompagnando a questa scelta dichiarazioni inaccettabili, dal macabro tempismo. In quelle stesse ore, infatti, nelle acque territoriali tunisine venivano ripescati decine e decine di cadaveri di migranti morti tentando di raggiungere l’Italia. Molti di noi vivono in Tunisia da tempo. Conosciamo bene la realtà sociale ed economica del Paese, diretta conseguenza della rivolta popolare del 2010-2011. Il rovesciamento di una dittatura poliziesca (sostenuta a livello internazionale anche dall’Italia) non ha prodotto quel cambiamento radicale che molti speravano potesse dare loro la dignità di vivere e lavorare nel proprio Paese. Al contrario, la situazione economica è rimasta instabile e fragile: le classi popolari si impoveriscono sempre di più i tassi di disoccupazione e di inflazione aumentano progressivamente da otto anni a questa parte. A ciò si è aggiunta recentemente la forte svalutazione del dinaro. Tutto questo ha reso la vita delle persone sempre più difficile. Inoltre le restrizioni alla libertà di movimento impediscono alla maggior parte dei tunisini di viaggiare e poter visitare l’Europa. Spesso per molti giovani unica finestra sul mondo sono internet e i social network che, come fu per RaiUno negli anni 80 del secolo scorso, contribuiscono a dare dell’Italia e dell’Europa un’immagine paradisiaca e, quindi, distorta. Noi insegnanti di lingua e cultura italiana ci confrontiamo ogni giorno con classi di ragazzi che, pur tra innumerevoli difficoltà, portano avanti i loro studi nella speranza di trovare un lavoro gratificante qui in Tunisia. Cerchiamo di trasmettere, trovando terreno fertile, valori quali la tolleranza, il rispetto e la convivenza pacifica tra persone appartenenti a culture e comunità religiose differenti. Lo facciamo con passione e gratitudine verso un Paese che, a differenza del nostro, ci ha accolti, valorizzando le nostre competenze e dandoci in mano il futuro dei suoi giovani. Giovani la cui freschezza, genuinità e concreta voglia di confrontarsi con una realtà diversa dalla loro si contrappongono al triste quadro di apatia, pregiudizio e imbarbarimento eticoculturale che si sviluppa sotto i nostri occhi in Italia ormai da anni, lasciando troppo spazio alle logiche criminali dello sfruttamento e del ricatto dei lavoratori 'extracomunitari' che spesso ci rimettono addirittura la vita. Pensiamo sia ugualmente inaccettabile sviluppare il dibattito innescato dai recenti eventi ponendolo esclusivamente sul piano della migrazione 'legale' e 'clandestina'. Il fulcro della questione non è di certo di natura giuridica bensì strutturale: riguarda lo stato perenne di sottosviluppo e di dipendenza economica di Paesi come questo. Pertanto, condividiamo appieno quanto dichiarato dal Forum tunisino dei diritti economici e sociali che, in un comunicato del 3 giugno 2018, afferma: «Si esorta il governo tunisino a rinunciare all’approccio securitario verso l’emigrazione non regolamentare [...]. Questo contesto drammatico deve ugualmente condurre a rivedere le modalità della cooperazione con la Ue che oggi è fondata soprattutto sulla sicurezza e la chiusura delle frontiere. Non si può continuare a rinviare a un periodo indefinito le politiche di sviluppo che tengano conto delle aspirazioni della gioventù alla dignità e alla giustizia sociale». Non ci resta, infine, che invitare a visitare la Tunisia: Paese storicamente tollerante e accogliente in cui molti italiani emigrarono all’indomani dell’Unità d’Italia, dando vita a una grande comunità che viveva fianco a fianco con tunisini musulmani, tunisini ebrei, maltesi, francesi e altre minoranze. Auspichiamo, infine, un maggiore impegno da parte delle istituzioni per favorire gli scambi culturali e i progetti di studio italotunisini, a nostro modo di vedere unica via in grado di costruire, da entrambe le parti, una visione critica e cosciente del reale. Inizialmente sottoscritta da docenti madrelingua, si sono aggiunte le sottoscrizioni di altri docenti, accademici di Tunisia, Italia e Francia, nonché di residenti ed ex residenti in Tunisia, oltre all’adesione dei docenti del Dipartimento d’Italiano dell’Istituto Superiore delle Lingue dell’Università di Gabés.
Marina Carbone, docente di italiano presso la facoltà di Lettere e Scienze Umane dell'Università di Sfax,
Margherita Ranaldo, docente di italiano presso la Facoltà di Lettere e delle Scienze Umane di Sfax, Università di Sfax Alfonso Campisi, professore ordinario, professeur des universités en philologie romane et italienne, Président AISLLI zone Afrique, Président Chaire Sicile pour le dialogue de Cultures et de Civilisations Université de la Manouba ( Tunisi) Andrea Maria Negri, docente di italiano presso la Facoltà di Lettere e delle Scienze Umane di Sfax, Università di Sfax Sonia Ben Sadok, docente di italiano presso la Facoltà di Lettere e delle Scienze Umane di Sfax, Università di Sfax, cittadina italo-tunisina Mario Sei, docente di italiano presso la Facoltà di Lettere, delle Arti e delle Scienze Umane, Université de la Manouba ( Tunisi) Daniela Squarzanti, docente di italiano presso la Facoltà di Lettere, delle Arti e delle Scienze Umane, Université de la Manouba ( Tunisi) Silvia Bullo, docente di italiano presso l’Istituto Superiore delle Lingue di Tunisi, Università di Cartagine Wafa Alibi, docente di italiano presso l’Istituto Superiore degli Studi Umanistici Applicati di Mahdia, Università di Monastir, cittadina italotunisina Maria Ponce De Leon, Docente presso Temple University Rome, Roma, Italia e già maître-assistant presso l’Istituto Superiore delle Lingue Applicate di Moknine, Università di Monastir, Tunisia Fethi Nagga, professore ordinario di italiano presso l’Istituto Superiore delle Scienze Umane di Tunisi, Università di Tunisi El Manar Rawdha Zaouchi-Razgallah, docente di italiano presso l’Istituto Superiore delle Lingue di Tunisi, Università di Cartagine Aida Somai, docente di italiano presso l’Istituto Superiore delle Lingue di Nabeul, Università di Cartagine Imen Hassen, coordinatrice del Dipartimento di Italiano presso l’Istituto Superiore degli Studi Umanistici Applicati di Mahdia, Università di Monastir Laura Congiu, già coordinatrice del Dipartimento di Italiano presso l’Istituto Superiore degli Studi Umanistici Applicati di Tozeur, Università di Gafsa Bernardo Severgnini, già docente di italiano presso l’Istituto Superiore delle Lingue di Gabés, Università di Gabés Ilaria Addeo, già docente di italiano presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi Federica de Giorgi, UNIMED (Unione delle Università del Mediterraneo) Anna Serlenga, regista e ricercatrice Ilaria Guidantoni, giornalista, scrittrice, studiosa dei rapporti tra i popoli del Mediterraneo Marta Bellingreri, scrittrice e ricercatrice indipendente, Palermo, già residente in Tunisia Marta Scaglioni, Università degli Studi di Milano-Bicocca Mafalda Posco, già giornalista de 'Il Corriere di Tunisi', unico giornale in lingua italiana in Africa Margherita Orsino, responsabile del Master Études Romanes Université Toulouse Jean Jaurès e Section d’italien, Équipe: Ceiiba Giovanni Strinna, ricercatore dell’Università di Sassari Giuseppa Mascherpa, assegnista di ricerca Università di Verona Antonella Capra, maîtresse de Conférences en Italien, Département des Langues Etrangères Université de Toulouse-Jean Jaurès, coresponsable du Master Meef - Italien, directrice de la collection nouvelles scènes italien, Andrea Tullio Canobbio, docente di tecniche di comunicazione e scrittura, Università del Piemonte Orientale e scrittore per ragazzi.
Questa lettera è un segnale importante, e io sono grato ai docenti e intellettuali italiani, tunisini e italo-tunisini che l’hanno scritta e firmata e hanno deciso di inviarla ad “Avvenire”. Sono loro grato per la chiarezza con cui pongono il problema culturale e civile dei rapporti tra due popoli (prima ancora che tra due Stati) dirimpettai nel Mediterraneo e che non solo la geografia e la storia (purtroppo pure quella della guerra), ma anche l’arte e il cibo, i commerci e le migrazioni (un tempo soprattutto da nord verso sud, oggi al contrario) collegano da millenni. Una vicenda che non si è sempre scritta, anche in anni recenti, in modo limpido e facile, ma che è stata intensa e via via più colma di amicizia e simpatia reciproca che di sospetto e di conflitto. Per questo sono stato scosso anch’io dalle espressioni sferzanti («esportatori di galeotti») usate dal ministro dell’Interno Matteo Salvini nei confronti dei governanti di Tunisi e delle persone arrivate in Italia provenendo dalla Tunisia. Paese, tra l’altro, che ha con l’Italia saldi “accordi di riammissione” dei cittadini irregolarmente migrati dall’una o dall’altra nazione. Paese che, personalmente, apprezzo molto per il coraggio con cui la sua classe dirigente (che non è solo quella politica) sta cercando di aprire la strada verso un futuro sempre più aperto. Sono vere le difficoltà economico-sociali che caratterizzano la Tunisia di oggi, e che nella lettera vengono evocate, ma è altrettanto vero – per esempio – che questo Paese ad ampia maggioranza islamica non ha portato la sharia (la legge coranica) in Costituzione e recentemente ha sancito che le sue cittadine godono della libertà di sposare chi vogliono, anche un non musulmano. Scelte importanti, in una piccola grande nazione che si è fatta laboratorio di democrazia e di convivenza. Conoscenza e rispetto degli interlocutori e della realtà sono pre-requisiti essenziali di ogni relazione e di ogni azione, soprattutto di governo. Il ministro Salvini dovrebbe averlo chiaro. E l’esperienza insegna che un ministro deve saper smettere i panni del comiziante. La cosa sarebbe più semplice se anche il comiziante smettesse i panni dell’incendiario. Speriamo che lo si voglia.