E' solo una coincidenza, ma a suo modo "felice". Nel giorno in cui l’Istat segnala l’incremento di 56mila lavoratori indipendenti nel mese di settembre, il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge sul lavoro autonomo non imprenditoriale.
Il quadro del mercato del lavoro resta moderatamente positivo, con un aumento degli occupati (+45mila in un mese, +265mila in un anno) e il contemporaneo incremento dei disoccupati (+60mila e +98mila) che superano i 3 milioni di persone. A spiegare l’apparente contraddizione è il dato sugli inattivi che registra un forte calo (-127mila nel mese, -508mila in un anno), segnalando come a far crescere i disoccupati siano soprattutto coloro che in precedenza non tentavano neppure di trovare un’occupazione perché scoraggiati. Ad aumentare negli ultimi 12 mesi, nonostante il rallentamento segnalato dai dati di flusso dell’Inps, sono soprattutto i lavoratori dipendenti permanenti e dunque l’occupazione seppur lentamente va consolidandosi a quota 22,8 milioni, non lontano dai 23 milioni di prima della crisi (con un tasso di occupazione, anch’esso in risalita al 57,5%). Ma è chiaro che – scemando gli incentivi alle assunzioni – è soprattutto nell’area del lavoro autonomo che potranno esserci i margini più ampi di crescita. Ed è proprio in quest’ambito che insiste il nuovo disegno di legge, ampliando finalmente le tutele di welfare verso questa categoria di lavoratori, finora negletta o forzatamente ricondotta a quella dei dipendenti. E questo in effetti è il punto cruciale delle nuove norme, la possibile svolta per un mercato del lavoro moderno, nel quale le nuove professioni saranno sempre più in forma autonoma e perfino gli impieghi "tradizionali" avranno modalità di svolgimento "ibride" tra il dipendente e l’autonomo, con quello che, in una parte del disegno di legge approvato, viene chiamato "lavoro agile" o smart working.
A ben vedere la sfida non solo per il legislatore ma anche per le parti sociali sta proprio nell’immaginare norme, contratti e rappresentanza per veri professionisti, freelance e figure ibride che non siano semplicemente dipendenti mascherati eterodiretti ma abbiano reali margini di autonomia nell’organizzare la propria attività, retribuita sempre più in base ai risultati, evitando però l’involuzione verso un modello di lavoretti pagati a cottimo, che nulla ha da spartire con una moderna concezione del lavoro.