I cittadini si attendono molto dalla Rai: giusto così
martedì 11 aprile 2017

Caro direttore,

alcuni giorni or sono ho letto una valutazione dei “migliori” programmi Rai compilata dal critico televisivo di “Avvenire” (e mio concittadino) Andrea Fagioli. Posso dire che, purtroppo, scarsamente concordo. Posso dire che per quanto mi riguarda è sbagliato «salvare » “Rai dire niùs” per il quale l’aggettivo «demenziale» è un eufemismo gratuito tanto quel programma è scadente? Il calo della programmazione del servizio pubblico è notevole: tanto nel caso di Montalbano (visto per la quinta o sesta volta) quanto in quello di “Che Dio ci aiuti” (l’ultima serie la trovo noiosa e ripetitiva). Ma troppo ci sarebbe da dire su questo “carrozzone” con troppi canali per il quale si deve anche pagare un canone, anche se poi c’è pubblicità come su un canale privato, e che ha come riferimento costante non la qualità ma l’audience.

Luigi Donnini - Firenze

Lei è davvero severo, caro amico. Credo che i giudizi di Andrea Fagioli siano molto utili. E non perché siano esattamente i miei (a volte non coincidono), ma perché con pacatezza e profondità aiutano anche me a riflettere e mi inducono a valutare, nel bene e nel male, aspetti di programmi tv (Rai e non solo) che a causa dei miei ritmi di lavoro vedo – lo ammetto – poco e male (spesso, per di più, solo grazie a Rai Replay e a strumenti analoghi). Prendo nota ovviamente anche del suo parere e della sua insoddisfazione. Come tantissimi italiani, lei si aspetta molto dalla Rai, e ha ragione: perché la Rai – che non è un carrozzone e non deve diventarlo – può dare (e deve saperlo fare) un contributo speciale e per certi versi unico alla custodia e all'arricchimento dell’«alfabeto comune» degli italiani del XXI secolo.

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