Sembra un paradosso ma la vecchiaia, mentre fa diminuire la forza fisica e la prontezza mentale, non chiude il ventaglio delle opportunità. Anzi, a volte gli regala aria nuova. Quante cose si possono fare da anziani! Per esempio, affinare il gusto per la bellezza, che è un modo di vincere la rassegnazione e imparare la giustizia. E poi saper dare del tu alla vita insegna il valore del tempo e delle relazioni.
Soprattutto, è proprio della terza età tenere sulle ginocchia e accompagnare per un tratto di cammino i nipoti, che vuol dire sognare e in qualche modo partecipare alla costruzione di un futuro diverso. Nel suo messaggio per la Giornata dei nonni e degli anziani, che sarà celebrata il prossimo 24 luglio, il Papa parte proprio da lì, dal chiamare donne e uomini con i capelli bianchi, e sembra a sua volta un paradosso, a essere rivoluzionari.
O, meglio, a diventare protagonisti di un cambiamento radicale fondato sulla tenerezza. Che non significa melensaggini o smancerie, ma compassione, ascolto confidente, che è stare guancia a guancia come nell’icona di Maria con il Bambino, sapendo che quella carezza sul viso non diventerà mai uno schiaffo. Calato nella realtà di oggi, tenuta in ostaggio da una guerra insensata, vuol dire impegnarsi a 'smilitarizzare' i cuori, diventare maestri «di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli». Per un anziano, per un nonno salire su quell’ideale cattedra non è difficile, gli basta insegnare a guardare gli altri con gli stessi occhi comprensivi che lui rivolge ai figli dei suoi figli. Perché in fondo l’unica vera rivoluzione necessaria è quella di sentirsi tutti parte della stessa famiglia umana, al di là di Pil sbilanciati, diversità culturali e distanze linguistiche. Utopia? Illusione?
Nient’affatto. Semmai speranza concreta che il Papa declina come custodia del mondo. Allo stesso modo di san Giuseppe, «padre tenero e premuroso», per difendere e tutelare gli adulti di domani, che oggi sono piccoli ingenui e impauriti, di cui molti vittime della guerra o in fuga per evitarla. E il pensiero, oltre all’Ucraina, corre all’Afghanistan, al Sud Sudan, allo Yemen.
Punti cardinali, perimetri di una geografia dell’angoscia che va cambiata dall’interno dell’uomo, insegnandogli la logica di Dio. Da qui il richiamo immediato alla preghiera, caposaldo della spiritualità dell’anziano credente, «lo strumento più prezioso» e «più appropriato» che possiede. Rivolgersi al cielo per accompagnare il dolore di chi soffre, per dare supporto agli artigiani di pace, per trasformare il proprio cuore. Il Messaggio del Papa, infatti, non riflette solo sulla vecchiaia proiettata all’esterno ma come valore in sé.
Sociologicamente significa prendere atto della crescita percentuale della presenza anziana nelle società post industriali, nel vocabolario della Chiesa vuol dire riconoscerne il protagonismo, capire che in parrocchie popolate sempre di più da persone incanutite, il loro ruolo condizionerà il futuro delle stesse comunità.
Non a caso la recente riforma della Curia Romana prevede che un Dicastero abbia tra le sue priorità, accanto alla cura pastorale dei giovani, quella degli anziani. Quasi un richiamo all’incontro necessario, più volte evocato dal Pontefice, tra la generazione della memoria e quella del presente che si fa futuro. Gli anziani non semplici comparse ma attori sulla scena del mondo, dunque. Lo dice il tema stesso della Giornata: 'Nella vecchiaia daranno ancora frutti'.
Un’indicazione controcorrente, che però non significa negare le difficoltà legate alle forze che vengono meno, alla testa che confonde i ricordi, alla stanchezza che aumenta. Invecchiare non è piacevole per nessuno, avverte il Papa, succede senza mai essere veramente pronti. O forse si è preparati nella misura in cui ci si forma alla scuola della condivisione. E allora l’età anziana diventa attenzione agli altri, cura del creato, educazione alla pace. Con i nonni non più presenze ingombranti, ma custodi di una sapienza da condividere e di un domani che nasce già oggi. Anche grazie a loro.