È inutile farsi troppe illusioni. In un modo o in un altro, si tirerà avanti, ma con questa pandemia, nella condizione data, non si potrà far molto per la scuola italiana. Difficoltà, rinvii e confusioni di queste ore ne sono la conferma. Alla fine conteremo, per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, due anni di povertà educativa. E per tanti buoni e buone insegnanti due anni di fatica misconosciuta.
Serve perciò ragionare, programmare, decidere e agire perché questo non si ripeta. Avendo ben chiaro che questa crisi pandemica è l’ultima e la più grave di una serie ormai nutrita, e che tutti gli studi dell’Oms ci dicono che eventi di questo tipo saranno purtroppo una ricorrenza del futuro su un pianeta che abbiamo dissennatamente sconvolto nei suoi equilibri ecologici. E saggezza vorrebbe, alla luce anche della necessità di ripensare l’intero sistema Paese con l’ausilio del grande piano di investimenti europeo chiamato Next Generation Eu, che si lavorasse perché un simile scenario di povertà educativa non abbia a ripetersi. C’è da riorientare la scuola italiana in questa prospettiva.
Cosa che si può fare, se ci lasciamo ammaestrare dalle difficoltà che stiamo vivendo.
I problemi che saltano agli occhi sono due: tenuta della logistica e del sistema dei trasporti riferiti alla scuola. Sul primo punto bisogna ripensare l’edilizia scolastica in funzione del distanziamento antipandemico. Serve, cioè, che ci siano classi non superiori a 15 studenti, e con spazi adeguati. E, dunque, un piano quinquennale di edilizia scolastica, che tenga conto delle curve demografiche, potrebbe essere allestito a questo fine.
Sul secondo punto, si dovrebbe il più possibile far coincidere, e questo vale soprattutto per le grandi città, la platea scolastica con strutture di prossimità, dando la possibilità degli studenti di recarsi a piedi a scuola in tempi contenuti, e comunque di avere a disposizione, in caso di necessità, trasporti dedicati: car sharing che coinvolga gruppi di famiglie e bus riservati, valorizzando reti e mezzi pubblici e privati. Vanno, insomma, create le condizioni per districare all’occorrenza la mobilità scolastica dalla mobilità generale. In tale scenario, dando contenuto didattico alla riorganizzazione, si dovrebbe anche prevedere il 'tempo prolungato' come offerta standard su tutto il territorio nazionale. Misura fondamentale, questa, di supporto alla lotta contro la dispersione scolastica e all’impegno per dare pari opportunità educative anche ai meno abbienti.
Un simile programma dovrebbe partire dando la priorità alle platee scolastiche del disagio. Per questo c’è bisogno, ancora, di un ripensamento dei suoi programmi educativi; delle procedure di selezione per la professione docente da sottrarre all’anarchia di assunzioni permanentemente condizionate dal dovere di porre riparo al precariato; di una sburocratizzazione della funzione docente tenendo gli insegnanti più in classe che impegnati in riunioni e programmi 'aggiuntivi' di dubbia utilità, e che, se la hanno, la hanno perché sovvengono a buchi funzionali di quella che dovrebbe essere la didattica ordinaria.
A questo stesso fine, una scelta strategica – e qui riprendo una proposta cara ad 'Avvenire' e a chi lo dirige – deve diventare quella di realizzare una piena ricostruzione del ruolo e dell’immagine sociale del ceto insegnante, motivata anche attraverso una perequazione della remunerazione economica, portata finalmente ai livelli dei Paesi europei ben più consapevoli di noi di quanto questo terreno sia decisivo per il nostro futuro.
Infine, un accenno al fronte digitale. Alla formazione dei docenti alla 'didattica a distanza' accompagnata da un’azione volta al sostegno concreto e immediato per far sì che ogni studente possa riceverla, superando i divari attuali – resi più evidenti in questi mesi – tra zone e ceti sociali del Paese.
Ultimo, ma non per ultimo, nel quadro di un’idea corretta di 'scuola pubblica', una sinergia virtuosa tra scuola statale e scuola paritaria, per non lasciare mai scoperto nessun segmento formativo e valorizzare appieno le energie positive profuse su questa essenziale frontiera del futuro.
Un simile piano può ben essere la linea d’azione di questa legislatura e della prossima, senza rischi di manomissioni dei suoi indirizzi di fondo a causa di contingenti alternanze di governo. Perché è un piano che dovrebbe essere patrimonio di tutti.
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