Cos’è oggi «diritto»? L’affermazione dell’umano o ciò che letteralmente arriva a sopprimerlo? La domanda – angosciosa – si fa incalzante davanti all’approvazione, ieri, a larga maggioranza nell’Europarlamento di una risoluzione che chiede energicamente di inserire il diritto all’aborto «sicuro, legale e gratuito» nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, ritenendo questa pratica "minacciata" da decisioni come quella recente della Corte Suprema americana. È un passo non nuovo eppure mai tanto chiaro (e condiviso dall’assemblea, con rilevanti sebbene minoritarie eccezioni) da parte dell’istituzione rappresentativa Ue. Perché non siamo più di fronte alla richiesta di sottrarre la pratica abortiva ai rigori del Codice penale, ma si arriva all’affermazione di quello che viene definito «diritto» – abortire – con tutto il formidabile peso di questa parola, al punto da chiedere che presto possa figurare all’articolo 7 della "costituzione europea", dove oggi si scandisce che «ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare».
E allora chiediamocelo e chiediamolo, aperti a confrontarci su questo determinante terreno: cosa consideriamo oggi come «diritto»? Un principio che precede la convivenza sociale e che le è a tal punto necessario da fondarla, riconosciuto come tale dai cittadini? Perché se è questo, allora è la vita il diritto primario di ogni persona. E non per concessione o convenzione, ma come fondamento. Siamo vita umana personale e originale non perché c’è scritto il nostro nome su un certificato di nascita – e quindi per un patto, necessariamente mutevole nel tempo – ma per uno status che ci appartiene e che determina la nostra dignità. Chiusa questa fonte, tutti i diritti a valle inaridiscono. Tutti, di chiunque, in ogni tappa e condizione del viaggio, sino alla fine. Non a caso proprio oggi la morte è oggetto di febbrile negoziato politico e giuridico.
Ma una vita senza diritto genera diritti senza vita, alla mercé di quel che viene stabilito in ogni stagione sociale. Se la vita non precede tutti gli altri diritti, indiscussa e protetta come massimo bene, l’orizzonte della civiltà cambia radicalmente. Allora tutto pare possibile e persino accettabile, incluso ciò che profetizzava Madre Teresa: «L’aborto è il più grande distruttore della pace». Apocalittica? A guardarsi intorno, si direbbe drammaticamente realista.