Caro direttore, le scrivo riguardo agli articoli di questo inizio di dicembre con i quali il suo giornale ha reso nota e spiegata la vicenda di Ahmed. Spero che il vostro lavoro muova le coscienze e le volontà di chi può rapidamente intervenire per impedire che a questo ragazzo sia fatto ancora del male. È scandaloso che nonostante segnalazioni e pressioni, e le stesse confessioni del ragazzo a scuola, si sia atteso tanto per fare qualcosa, lasciandolo quasi abbandonato in una situazione terribile di violenze e maltrattamenti. È angosciante pensare a quali possano essere le sue condizioni in questo momento, a cosa abbia passato e stia passando lontano dai suoi amici e da chi cercava di aiutarlo e proteggerlo, proprio mentre dovrebbe essere al sicuro, con la sua famiglia, che invece ha dimostrato di avere un’idea distorta e pericolosa del concetto di cura ed educazione di un figlio. Spero che 'Avvenire' continui a interessarsi a questo ragazzo, perché per quanto possibile tutto si risolva velocemente. E spero che chi avrebbe dovuto intervenire si renda conto del terribile errore commesso, per non ripeterlo più. La ringrazio molto per aver dato spazio a questa terribile notizia.
Elisa Brunello
Gentile direttore, ho letto con molto interesse, misto a tristezza, gli articoli pubblicati domenica scorsa e martedì 3 dicembre sul suo giornale riguardo il ragazzino scacchista di Montecchio Maggiore. Ho incrociato lui, il suo fratellino e il signor Bertola in occasione di alcuni tornei locali di scacchi durante i quali siamo passati via via dallo scambio di qualche parola a più corpose chiacchierate e il ricordo che mi hanno lasciato è squisito. I bambini meritano il più assoluto rispetto dei loro diritti a prescindere da tutto e spero che il suo giornale continui a vegliare sulla vicenda di Ahmed e dei suoi fratelli per tentare di farvi chiarezza e denunciare, se come pare c’è stata, la mancanza di tale rispetto. Nella speranza che tutto possa risolversi felicemente, la ringrazio per l’attenzione.
Michele Biasin
Gentile direttore, ho letto gli articoli da voi pubblicati tra domenica e martedì, relativi al ragazzino della provincia di Vicenza riportato a forza in Bangladesh. Spero lo vogliate aiutare mettendo in luce con forza questo sopruso, poiché non è possibile che sia stata sottovalutata questa situazione da tutti gli uffici competenti chiamati in causa già da mesi: Comune, Servizi sociali e Procura. Un bambino che chiede aiuto non è stato salvato. Si devono vergognare. Spero riusciate a darci notizie positive quanto prima.
Monica Grambi
Gentile direttore, ho letto con tristezza della vicenda del ragazzino bengalese portato con la forza in Bangladesh. Non era forse questo un caso in cui gli operatori sociali potevano intervenire e senza togliere il bambino ai genitori fare con loro un percorso di giusta responsabilizzazione e integrazione? E adesso le autorità italiane si muoveranno? Saranno in grado di fare pressione presso chi di dovere in Bangladesh e cercare in tutti i modi che Ahmed e la sua famiglia tornino qua in Italia? Ogni bambino ha diritto a vivere con i genitori, ma quando questi sbagliano dobbiamo fare di tutto per correggerli per il loro bene e per il bene dei figli. Forza Ahmed, non mollare!
Valerio Vitaliani
Caro direttore, Per piacere, continuate a seguire la vicenda del piccolo campione di scacchi Ahmed. Grazie.
Diego Gomirato
Gentile direttore, in famiglia siamo rimasti tutti molto colpiti dalla vicenda di Ahmed, il piccolo campione di scacchi, raccontata da 'Avvenire' martedi 3 dicembre. E vorremmo chiedervi, nel limite del possibile, di continuare a parlarne e a tenerci informati sugli sviluppi, che speriamo felici.
Claudine Rosolen
Caro direttore, la mia famiglia e io viviamo a Dueville e siamo stati particolarmente colpiti dagli articoli con cui 'Avvenire' sta raccontando la triste e dolorosa vicenda del giovane Ahmed. Ci auguriamo che ci possiate tenere aggiornati sugli sviluppi di questa incredibile e amara vicenda che lascia noi tutti sgomenti e senza parole. Confidiamo che l’intera opinione pubblica possa venire a conoscenza di quanto sta accadendo a un piccolo cittadino privato della sua libertà e possibilità di crescere serenamente al fianco di tanti ragazzi come lui. Coinvolgete anche altri organi di stampa affinché le autorità competenti indaghino sulla sicurezza e salute del giovane Ahmed e dei suoi fratellini. Buon lavoro e complimenti per il grande spazio che avete dedicato a questa amara storia.
Paolo Motterle
Quando ho chiesto che la mia bravissima collega Lucia Bellaspiga verificasse con la cura e la delicatezza che le sono proprie la vicenda di Ahmed e della sua famiglia (che mi era stata segnalata con una lettera piena di dolore e di passione umana e civile), avevo una speranza e nessun pregiudizio. Speravo che la vicenda fosse meno amara e più facile da risolvere, e mi auguravo che i fatti, comunque, consentissero di vedere una via diretta (o non troppo ardua) per un 'ritorno a casa' – perché questa è, nei fatti, Montecchio Maggiore, Vicenza, Italia – per il piccolo italo-bengalese. Continuo a sperare fortemente, care amiche e cari amici, pur senza farmi illusioni.
Questo ragazzino di 12 anni portato a forza in Bangladesh, ma che è nato e cresciuto in Italia, che pensa, parla e respira italiano, che è bravissimo a scuola e geniale davanti a una scacchiera, è italiano di fatto, e lo è per me, per il maestro di buone letture e di scacchi che gli è stato vicino, per ciascuno di voi, ma per la legge vigente no, non è italiano. Avrebbe potuto esserlo se tre anni fa fosse stata approvata la riforma della legge sulla cittadinanza detta anche dello ius culturae, varata dalla Camera e fatta a pezzi da strumentalizzazioni vergognose, polemiche assurde e incredibili pavidità politiche e morali quando era ormai a un passo dall’approvazione finale da parte del Senato. Un condizionale doppio, perché i suoi genitori – secondo quanto è drammaticamente emerso – probabilmente non gli avrebbero consentito neppure di essere riconosciuto italiano. Resta il fatto che la sua storia rischia di rimanere impigliata nel conflitto tra diversi 'diritti' (veri o presunti) e tra legalità che hanno ben poco di caldo e di umano. E resta il fatto che la sofferenza sua e dei suoi fratellini avrebbe potuto essere evitata se insufficienze e lunghe, e forse deliberate, disattenzioni non avessero lasciato Ahmed appeso tra bontà e botte, tra studio felice e sopraffazioni, tra il suo presente e il suo futuro italiani e un passato altrove che non lo riguarda.
La legge sembra offrire pochi, pochissimi spiragli. Ma oltre alla legge, prima della legge e a volte malgrado la legge, c’è sempre spazio per il cuore, la giustizia e la diplomazia e io oso credere che un vero e proprio miracolo possa ancora accadere. Spero che nelle nostre Istituzioni ci siano uomini e donne capaci di curarsi di Ahmed, di questo bambino per davvero 'rapito'. Sarebbe giusto per lui e per noi, ci darebbe fiducia, ci aiuterebbe a spazzar via tanti pensieri sospettosi e cattivi e tante parole vuote e odiose, se fosse restituito al suo cammino italiano questo figlio buono e fragile del nostro strano tempo, così incline a insensibilità e durezza. Stiamo facendo quel che possiamo perché accada, cari amici e care amiche. Non smetteremo. Abbiamo il senso dei nostri limiti, ma anche di quanta forza diano queste vostre lettere. Perciò, insieme, ci appelliamo con rispetto e urgenza a chi può cambiare la storia di Ahmed. E prima di tutto a chi ci rappresenta e ci governa.