Gentile direttore,
nel ringraziarla per la sapiente direzione per un quotidiano che riesce a dare anche notizie buone e motivi di speranza, le sottopongo un caso, sul quale mi farebbe piacere aver il suo giudizio. Dopo qualche settimana di ricovero per Covid, in un ospedale di Roma è morto un caro amico. Alla moglie non è stato consentito di dargli l’ultimo saluto, nemmeno al momento della chiusura della bara. Mascherina, distanziamento e prudenza sono sempre necessarie per evitare possibili contagi, ma mi domando se di fronte a un evento come quello non sia possibile per una struttura sanitaria adottare un adeguato sistema che consenta a un familiare (almeno uno!) di vedere per l’ultima volta il volto del proprio caro. L’ultimo saluto mi sembra un diritto sacrosanto sotto il profilo umano, anche per avere conferma che… si tratti davvero del proprio congiunto. La ringrazio.
Emilio Giorgio Grassilli
Mi dispiace di dover constatare, gentile dottor Grassilli, che in un’Italia che finge di aver archiviato il Covid (grazie a Dio, e ai vaccini, assai meno letale pur se più contagioso) si continui con un rigore assoluto, e ottuso, a impedire l’estremo saluto ai propri cari defunti in ospedale. Il mio giudizio coincide col suo: questa è un’offesa al nostro senso di umanità e anche allo straordinario servizio che, con dedizione e spesso sacrificio, chi opera nelle strutture sta rendendo a tutti noi. Una trascuratezza mascherata da precauzione, e una prova di smemorata noncuranza per uno dei capisaldi della nostra civiltà e per ciò che tutti possono riconoscere come basilare: un ultimo abbraccio – anche solo con lo sguardo e, per chi crede, con una preghiera silenziosa – alle persone amate.