L'ex ministro pachistano Paul Bhatti
«La sentenza di assoluzione per Asia Bibi è una grande soddisfazione per me e per la mia famiglia, perché la liberazione di Asia Bibi era stato un cavallo di battaglia di mio fratello. Il suo sacrificio non è stato inutile, perché finalmente stiamo andando verso il Paese che lui avrebbe voluto e per cui si è impegnato fino all’estrema conseguenza». Questo il primo commento di Paul Bhatti, politico cattolico e animatore di iniziative di convivenza e dialogo. Inevitabile per lui ricordare il fratello Shahbaz Bhatti, ministro per l’Armonia religiosa, assassinato il 2 marzo 2011 per il suo impegno a favore di Asia Bibi che aveva incontrato in carcere.
Qual è la sua prima impressione sull’assoluzione? Io ci vedo la speranza che il Pakistan si sia incamminato verso la giusta direzione e una buona notizia per un Paese che sta cercando di cambiare. Ero convinto che il giudice avrebbe fatto giustizia, non poteva esserci la pena capitale per un’innocente. Ho letto tutte le 57 pagine della sentenza. Un testo molto bello perché descrive la storia e i fondamenti dell’islam. Durante la lettura, il giudice- capo della Corte Suprema ha sottolineato che non si deve imporre la propria ideologia agli altri perché è anti-islamico. Aggiungendo che lui stesso non avrebbe accettato una condanna anche da semplice cittadino musulmano.
Quali sono le conseguenze immediate della sentenza? Sono convinto che la maggior parte della popolazione sarà d’accordo, anche se difficilmente gli estremisti accetteranno pacificamente il giudizio. Le forze dell’ordine sono state allertate da tempo e ora controllano strettamente individui o gruppi che potrebbe gestire le manifestazioni. Per questo, sono fiducioso che tutto si calmerà in pochi giorni.
Che rischi corrono ora Asia Bibi e la sua famiglia? Ancora non è certo chi si prenderà carico di queste persone, sicuramente a rischio di una vendetta degli estremisti. Io e la mia organizzazione abbiamo già contattato i governi italiano, britannico, canadese. Nel caso precedente (quello della giovane Rimsha Masih, assolta e espatriata in Canada nel 2913) abbiamo organizzato tutto noi ma adesso ci sono anche altri coinvolti e ho solo dato la mia disponibilità al Nunzio in Pakistan. Purtroppo sono prevedibili ritorsioni e io stesso sono preoccupato per la mia famiglia.
Si rischiano ripercussioni sul governo? Il Pakistan sta cambiando e deve cambiare anzitutto nel senso di difendere i poveri e gli emarginati. Anzitutto loderei il sistema della giustizia dato che la Corte suprema ha mostrato coraggio e voglia di verità. Stimo anche il premier Imran Khan che sta cercando il cambiamento, ma con la cautela necessaria, sia per le caratteristiche del Paese, sia perché lui stesso deve gestire la propria ampia esperienza dell’Occidente con la sua fede musulmana e le necessità della politica. Vero è che non si tratta solo una sua decisione, dato che altre forze hanno capito che il Paese ha bisogno di una svolta. La settimana scorsa anche il Parlamento canadese ha sottolineato che il caso di Asia Bibi indica una via contro l’estremismo e che se il Paese la percorrerà sarà di beneficio ai rapporti con il mondo.