“Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente per la mancanza di pace?” E’ l’interrogativo lancinante che Francesco pone a se stesso e al mondo intero. Una domanda che si fa ancora più pressante nel momento in cui, rileva il Papa, le popolazioni della regione sono scosse dall’operato di una “più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo”.
Terrorismo disumano. Questi terroristi, rileva, colpiscono i cristiani “che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre”. E così, constata con amarezza Francesco, per “molti di voi alle note dei canti natalizi si mescoleranno le lacrime e i sospiri”. Il Papa non dimentica gli “altri gruppi religiosi ed etnici che pure subiscono la persecuzione e le conseguenze di tali conflitti”. Assicura che segue ogni giorno “le notizie dell’enorme sofferenza di molte persone nel Medio Oriente”. E il pensiero va specialmente “ai bambini, alle mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, a quanti patiscono la fame, a chi deve affrontare la durezza dell’inverno senza un tetto sotto il quale proteggersi”.
Vorrei essere con voi. Con parole di “consolazione e di speranza”, Francesco esprime la sua vicinanza e quella della Chiesa al piccolo gregge del Medio Oriente e ai pastori che accompagnano “con sollecitudine il cammino” delle loro comunità. “Spero tanto – è il suo auspicio – di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e a confortarvi”. Al tempo stesso, il Papa torna a “esortare la Comunità internazionale a venire incontro” ai bisogni dei cristiani e delle altre minoranza, “promuovendo la pace mediante il negoziato e il lavoro diplomatico, cercando di arginare e fermare quanto prima la violenza che ha causato già troppi danni”. Quindi, torna a ribadire “la più ferma deprecazione dei traffici di armi”. Abbiamo bisogno “di progetti di pace”, evidenzia, per “una soluzione globale ai problemi della regione”. Di qui l’esortazione a non rassegnarsi “ai conflitti come se non fosse possibile un cambiamento”.
Mai violenza in nome della religione. Un cambiamento che, evidenzia il Papa, può essere sostenuto dal “dialogo interreligioso” che “è tanto più necessario quanto più difficile è la situazione”, “non c’è altra strada”. Del resto, annota, il dialogo “è anche il migliore antidoto alla tentazione del fondamentalismo religioso che è una minaccia per i credenti di tutte le religioni”. Al tempo stesso, Francesco scrive che i cristiani del Medio Oriente possono aiutare i “concittadini musulmani a presentare con discernimento una più autentica immagine dell’Islam, come vogliono tanti di loro, i quali ripetono che l’Islam è una religione di pace”. Tuttavia, ammonisce, la “situazione drammatica” che vivono i cristiani, gli yazidi e le altre minoranze in Iraq richiede una “presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi, per condannare in modo unanime e senza alcuna ambiguità tali crimini e denunciare la pratica di invocare la religione per giustificarli”.
Pregare per la pace. Il Papa ricorda così la sua visita in Terra Santa e l’incontro di preghiera in Vaticano con i presidenti israeliano e palestinese e invita tutti “a pregare per la pace in Medio Oriente”. “Chi è stato costretto a lasciare le proprie terre – si legge nella lettera – possa farvi ritorno e vivere in dignità e sicurezza”. Esorta dunque ad incrementare “l’assistenza umanitaria” ponendo “sempre al centro il bene della persona e di ogni Paese”. Ancora, elogia il lavoro che le Caritas e le organizzazioni caritative stanno facendo per “aiutare tutti senza preferenze”.
Ecumenismo del sangue. “La situazione in cui vivete – scrive il Papa – è un forte appello alla santità della vita, come hanno attestato santi e martiri di ogni appartenenza ecclesiale”. Francesco rammenta con commozione i pastori e i fedeli ai quali “è stato chiesto il sacrificio della vita” e con loro le tante persone sequestrate, lanciando un appello affinché “possano presto tornare sane e salve nelle loro case e comunità”. In mezzo a questi conflitti, sottolinea, “la comunione vissuta” tra i cristiani, cattolici e ortodossi e delle altre Chiese, è segno del Regno di Dio. Queste sofferenze, ribadisce, “portano un contributo inestimabile alla causa dell’unità”. E’, afferma il Pontefice, “l’ecumenismo del sangue, che richiede fiducioso abbandono all’azione dello Spirito Santo”. E definisce il piccolo gregge dei cristiani “la ricchezza maggiore per la Regione”, il “lievito nella massa”. Un piccolo gregge, riprende, “ma con una grande responsabilità” nella terra dove è nato Gesù e si è diffuso il cristianesimo.