Armi recuperate dai ribelli a Loikaw nello Stato di Kayah - Reuters
La mediazione cinese che ha portato a un cessate il fuoco provvisorio tra l’esercito birmano e i gruppi impegnati a combatterlo apre alla speranza che la giunta militare accolga un più ampio dialogo con le forze di opposizione. Una nuova tornata di colloqui è prevista entro la fine del mese, ma l’alleanza militare in azione nello Stato Shan ha già reiterato l’impegno a sconfiggere la “dittatura” dei generali, senza nemmeno menzionare il cessate il fuoco o eventuali colloqui di pace.
D’altra parte, le milizie etniche, che hanno coinvolto nel conflitto la controparte cinese (come quella indiana su altro fronte) per ottenere maggiore visibilità internazionale e qualche vantaggio nel conflitto, possono ora far leva anche sulle tensioni in corso tra regime militare e governo cinese riguardo migliaia di cittadini cinesi coinvolti loro malgrado nelle centrali delle truffe online con base in Myanmar che il regime ha finora mancato di colpire con determinazione.
Significativo l’intervento di Pechino che con il Myanmar condivide una lunga frontiera in parte interessata – nello Stato Shan settentrionale, soprattutto – dall’azione di una coalizione di milizie etniche che avrebbero conquistato decine di avamposti militari, arrivando a bloccare il lucroso traffico commerciale transfrontaliero tra i due Paesi oltre a avere provocato 300mila profughi interni dal 27 ottobre, inizio dell’offensiva. Cifra che per fonti Onu avrebbe portato a due milioni complessivi quanti sono in fuga dagli scontri, dai bombardamenti e dai rastrellamenti militari dal golpe del primo febbraio 2021.
Una situazione che sul terreno resta drammatica, come confermato anche da fonti ecclesiali. “Le persone stanno subendo l’esperienza della guerra in maniera ancora più diretta. Coloro che in questi anni si sono presi cura dei più fragili e dei vulnerabili, come i bambini, gli sfollati e i minori senza famiglia, coloro che sono rimasti soli, stanno crollando sotto il peso del loro dolore e di quello delle persone di cui si sono fatti carico” segnala l’agenzia Asia News.
A due settimane ormai dall’attacco dell’esercito birmano contro la cattedrale di Cristo Re a Loikaw, capitale dello Stato Kayah, il vescovo Celso Ba Shwe resta rifugiato in un luogo sicuro nella foresta. “Segni di morte e di dissacrazione sono stati trovati all’interno della chiesa”, segnalano fonti locali, citando anche lo stupro di donne i cui corpi sono stati ritrovati nei pressi della cattedrale. Loikaw “ora è spaccata in due”, prosegue l’agenzia. Le truppe mantengono il controllo su un “vasto territorio” che include la cattedrale e i dintorni, mentre le milizie della resistenza anti-golpe, guidate dalla Karenni Nationalities Defense Force, stanno combattendo per ottenere il totale controllo della città.