Un momento al mercato di La Laja
Ottantanove omicidi al giorno. Per un totale di oltre 27mila vittime. La violenza in Messico ha battuto ogni record. Lo dicono le cifre diffuse dalle stesse autorità. Dietro i numeri, si nascondono, però, donne, uomini, bambini. Esseri umani ridotti a meri corpi, da mutilare, massacrare e seppellire in una fossa comune.
Morti invisibili per il governo e l’opinione pubblica internazionale. Non per familiari, parenti e amici. «Sono loro a custodirne la memoria. E a restituire alle vittime la loro umanità», racconta monsignor Luigi Ginami, presidente della Fondazione Santina, in questi giorni a La Laja, cuore di tenebra del Guerrero.
“El padre Gigi”, come lo chiamano i messicani, si è recato nel Paese per portare conforto e amicizia alle popolazioni più colpite dalla narco-guerra. Per condividere le loro sofferenze. Per non farli sentire soli. Sono tali gesti a dare la forza alle vittime di smettere si sentirsi tali e di trasformarsi in costruttori di alternative. Monsignor Ginami e la Fondazione Santina hanno creato, l’anno scorso, un ospizio per i poveri di La Laja. Là hanno voluto stavolta inaugurare un piccolo memoriale per i morti dimenticati del Messico.