Nelle prime ore di oggi Meriam, la 27enne sudanese condannata all'impiccagione per aver rifiutato di rinunciare al cristianesimo, ha dato alla luce
una bambina. La ventisettenne ha dato alla luce la sua secondogenita, che si chiama Maya e pesa 3 chili, nell'ala ospedaliera della prigione in cui è detenuta da febbraio.
Accanto a lei il figlio di 20 mesi Martin. Il marito Daniel Wani la scorsa settimana aveva denunciato le precarie condizioni di salute della donna, che veniva tenuta incatenta, nonostante fosse incinta. Il parto è avvenuto con alcuni giorni di anticipo rispetto al previsto. Mamma e figlia stanno bene entrambe.
Il padre, secondo quanto riferito ad
Avvenire, probabilmente oggi non riuscirà a vedere la piccola, né la mamma. Ma gli sono stati concessi due giorni di visita a settimana.I suoi avvocati hanno chiesto che Meriam possa adesso essere visitata da un medico di fiducia.
Mariam Ibrahim è stata condannata a morte il 15 maggio da un tribunale della capitale sudanese, Khartoum.
Le accuse a suo carico sono di apostasia e adulterio - il giudice non ha riconosciuto il suo 2011 matrimonio con Wani,
un cristiano.
Secondo la legge, Meriam potrà allattare per due anni, prima che la sentenza sia eseguita. Ma ormai non si arresta campagna internazionale a favore di Meriam. In Italia, all'appello lanciato da
Avvenire per salvarla,
#meriamdevevivere, hanno dato seguito, anche con le condivisioni sui social, milioni di persone.
Giovedi i suoi avvocati hanno presentato ricorso presso la Corte d'Appello di Bahri e Sharq Al Nil. Se il ricorso non otterrà risultato, stanno progettando di esplorare nuove strade, e portare il caso alla Corte Suprema del Sudan e la Corte Costituzionale.