Manifestazione contro la guerra a San Pietroburgo. Le autorità russe hanno dichiarato illegali queste manifestazioni, chi partecipa commette reato - Reuters
Sono 4.124 le persone fermate in Russia dall'inizio delle proteste contro la guerra. Lo riferisce il gruppo di monitoraggio indipendente Ovd-Info, citato dalla Cnn.
Per la programmazione televisiva sembra un sabato qualunque: fiction, programmi per bambini, trasmissioni culinarie o su come passare il fine settimana, rubriche dedicate alle ultime tendenze della moda. Ma dietro tutta questa calma apparente e finzione di normalità, il Cremlino sta facendo di tutto per nascondere il dissenso. Ieri, la piattaforma di sorveglianza Internet Netblocks ha riscontrato un rallentamento nell’accesso a Facebook e Twitter da parte dei principali operatori russi.
Nella serata di ieri su alcuni canali Telegram è comparsa la notizia di difficoltà anche da parte di Apple Pay e Google Pay. C’è poi la censura ufficiale. La Roskomnadzor, l’authority per le telecomunicazioni, ha minacciato 10 testate, fra cui la celebre Novaya Gazeta, di rimuovere i loro contenuti riguardanti la guerra in Ucraina. La loro “colpa” è di avere parlato chiaramente di invasione e non di generica “operazione militare” e di aver reso conto delle vittime civili morte durante le operazioni di questi primi tre giorni di guerra. Ma c’è una Mosca che, nonostante tutto, non vuole rinunciare a fare sentire la sua voce. Non la fermano nemmeno gli oltre 400 arresti alle manifestazioni di tre sere fa, sui 3.052 a livello nazionale, e i tentativi di censura. Dmitrij Muratov, direttore di Novaya Gazeta e premio Nobel 2021 per la Pace, ha espresso «vergogna e dolore » per la guerra contro l’Ucraina, attaccando in modo frontale Vladimir Putin. «Il capo sventola l’arma nucleare come il portachiavi di una macchina costosa. Quale sarà il prossimo passo? – ha scritto –. Non posso interpretare in altro modo le parole di Putin quando parla di ritorsione. Solo un movimento contro la guerra che parta dai russi può salvare questo pianeta».
Gli appelli si moltiplicano. Dopo quello firmato da oltre 800 intellettuali, ieri ne è arrivato un altro a cui hanno aderito i maggiori architetti e urbanisti moscoviti. Tante anche le iniziative personali di sportivi e intellettuali. Il quotidianoSovetsky Sporl’al- tro giorno è andato in edicola con un grande quadrato nero in prima pagina e la scritta «non è il momento per parlare di calcio». Yelena Kovalskaya, direttrice del centro teatrale Meyerhold, ha annunciato le dimissioni dal suo incarico, spiegando che «è diventato impossibile lavorare per un assassino e vedersi pagato lo stipendio da quest’ultimo. Finirò il mio lavoro e me ne andrò senza voler essere retribuita». Olga Sedakova, una delle massime poetesse russe, ha reso noto sul suo account Facebook di aver ricevuto, a sorpresa, la visita di due poliziotti che le ricordavano il divieto di partecipare a comizi e manifestazioni. L’attivista Marina Litvinovich, ha fatto appello dalle sue piattaforme ai russi perché aderissero ai cortei contro la guerra: è stata arrestata sotto casa sua. In più punti di Mosca, sui muri sono comparsi cartelli con inviti alla protesta.
"No alla guerra" sul cartello di un manifestante a San Pietroburgo - Reuters
Dalle autorità, il richiamo a non aderire è continuo. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov ha dichiarato ancora ieri che le manifestazioni non sono in linea con i provvedimenti presi dal governo per il contenimento della pandemia da Covid-19 (ampiamente disattesi da tutti, su scala nazionale, nell’indifferenza generale delle autorità). La magistratura moscovita ha fatto sapere che partecipare a raduni «illegali» porterà a «gravi conseguenze».
Dalle torri del Cremlino l’atteggiamento è ancora quello del pugno di ferro. L’ex presidente Dmitrij Medvedev, attualmente vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale, ha ipotizzato che, in risposta alle sanzioni antirusse, Mosca possa decidere di nazionalizzare proprietà di persone registrate negli Stati Uniti, in Unione Europea e in generale in tutto il mondo anglosassone. Non solo. Come rappresaglia per la sospensione della Russia dal Consiglio d’Europa, il Cremlino potrebbe anche decidere di reintrodurre la pena di morte per i reati più gravi.
Intanto, in tutto il Paese sono comparsi cartelloni con il ritratto di Putin e la scritta: «Non potevamo fare altrimenti», seguita dall’hashtag my yedini, siamo uniti. In un Paese spaccato in due.