Un cimitero vicino a Qahtaniyah nella provincia nord-orientale siriana di Hassaké: quasi 400mila i morti nella guerra dal 2011 - Ansa
Il mondo non volga lo sguardo da un’altra parte, ascolti il grido di dolore dei familiari delle decine di migliaia di uomini, donne, bambini svaniti nel nulla in Siria, fagocitati dalla repressione e dall’odio sanguinario. Un monito che le cinque associazioni più attive in territorio siriano, fra cui la Caesar Families Association, Family for freedom, la Coalizione delle famiglie di persone rapite dal Daesh (Massar) affidano alla “Carta della verità e della giustizia”. Un documento su cui costruire una base comune per promuovere la causa della giustizia nel Paese e sensibilizzare la comunità internazionale sul drammatico fenomeno delle sparizioni.
La Carta sarà presentata in anteprima mondiale il prossimo 10 febbraio, col duplice obiettivo di dare risposte alle famiglie delle 8.143 persone rapite dai jihadisti o portate via con la forza dal regime di Assad e dai gruppi di opposizione e di assicurare alla giustizia i responsabili, quali elementi costitutivi per una pace duratura nella terra dilaniata da dieci anni di guerra. A Family for freedom hanno aderito anche Francesca e Immacolata Dall’Oglio, le sorelle del padre gesuita Paolo, scomparso a Raqqa il 29 luglio del 2013, sulla cui sorte si brancola ancora nel buio. «Un’iniziativa molto importante perché intende volgere un faro sulla logica violenta della piena negazione del diritto umano – spiega Immacolata –. A più di 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti, in Siria come in altre parti del mondo, ci troviamo ad assistere ancora alla costante e ripetuta violazione del diritto umano fondamentale, la vita. Il ricorso sistematico ai rapimenti è una realtà praticata in quel Paese anche prima del 2011, una modalità strutturata di mantenere il potere, assoggettando con metodi violenti coloro che vi si oppongono».
Fanno leva – prosegue – «sull’arma più potente che hanno, la paura. Questo sistema tiene sotto ricatto i familiari che cercano di far qualcosa per i propri cari, perché nel momento in cui avviene una sparizione tu non sai mai quanto puoi spingere su una direzione o su un’altra. Violazioni del diritto che hanno degli effetti devastanti sui familiari, che rimangono soggiogati dall’attesa e dalla pressione del ricatto e che non sanno come mobilitarsi. E questo avviene soprattutto in quelle terre, dove non vi è alcuna forma di democrazia».
L’iniziativa mette insieme diverse anime per lavorare ad un progetto comune di elaborazione e diffusione del documento che invoca verità e giustizia per gli scomparsi e le loro famiglie. «Se si vogliono creare le basi per un nuovo ordine – conclude la sorella di padre Dall’Oglio –, verità e giustizia sono i cardini da cui ricominciare, così come ci ha insegnato il processo di Norimberga, che ha fatto luce sui crimini commessi, chi è stato attore di azioni violente oggi se ne assuma la responsabilità. È importante agli occhi del mondo e della Siria che sia evidente l’assunzione di responsabilità, altrimenti tutto passa nell’impunità».
DA SAPERE Padre Dall'Oglio dal 2013 solo silenzi
Padre Paolo Dall’Oglio, 66 anni romano, è scomparso nella città settentrionale siriana di Raqqa tra il 27 e il 29 luglio 2013. Il gesuita era rientrato clandestinamente in Siria, da cui era stato espulso per le critiche al regime di Bashar al-Assad, per mediare sul sequestro di due religiosi locali. Per padre Paolo si è mobilitato anche il dipartimento di Stato americano. Ma da allora solo silenzi e notizie non verificabili.