sabato 17 agosto 2024
Hezbollah risponde con 55 razzi all'uccisione di suoi uomini. A Gaza ucccisi 18 membri dela stessa famiglia, tra cui donne e bambini. Biden avverte: «Nessuno deve minare l'intesa»
La distruzione a Gaza, tra i civili in cerca di un riparo

La distruzione a Gaza, tra i civili in cerca di un riparo - Ansa

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Un clic di troppo sul grilletto e sarà troppo tardi per salvare il negoziato. Gli appelli alla moderazione si sprecano. I falchi di Israele e Hamas sono sempre più soli, mentre le diplomazie chiedono di giungere presto a un accordo, e perfino Teheran e Doha almeno a parole si impegnano «a frenare le tensioni in corso per stabilire la pace nella regione».

Il Qatar ospita e remunera i leader fuggiaschi di Hamas ed è considerato tra gli sponsor dell’organizzazione estremista, che ha potuto far quadrare i bilanci a Gaza grazie ai fondi concessi da Doha. L’Iran è spesso ritenuto non solo come il regista dell’instabilità nella regione attraverso Hezbollah (Libano), Hamas (Gaza e Palestina), Houthi (Yemen) oltre a un cospicuo numero di milizie dalla Siria all’Iraq. Insieme i due Paesi stanno preventivando «ulteriori sforzi di mediazione congiunti», si legge in una nota comune dei ministri degli Esteri.
Ma la guerra di nervi si combatte ai tavoli della diplomazia e sui campi di battaglia. Perciò nessuno si fida di nessuno. Per dare fiato al negoziato peseranno gli interessi in campo e i vantaggi che ciascuno, negoziatori compresi, potranno ottenere da una stabilizzazione. «Sto mandando il segretario di Stato Blinken in Israele per riaffermare il mio ferreo sostegno alla sicurezza di Israele», premette il presidente Usa Biden. L’obiettivo è «il cessate il fuoco completo e il rilascio degli ostaggi», ha ricordato il capo della Casa Bianca che più volte si è scontrato con il primo ministro israeliano Netanyahu. «Nessuno nella regione – ha aggiunto il leader Usa – dovrebbe intraprendere azioni per minare questo processo». Stesso spartito dall’Europa. «Insieme ai colleghi di Gran Bretagna, Germania e Francia – ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani – sostengo gli sforzi di mediazione in corso». Netanyahu, da parte sua, smentisce di volere imporre nuove condizioni rispetto alla proposta americana. Il suo ufficio, ani, ha fatto trapelare «cauto ottimismo» dopo aver sentito gli inviati israeliani. Hamas, che non partecipa direttamente alle sedute negoziali ma riceve aggiornamenti da Egitto e Qatar, continua a suggerire di moderare l’ottimismo perché le posizioni non sarebbero così vicine. Anche gli sbalzi d’umore sono parte della trattativa. «So che ci sono molte dichiarazioni di Hamas che vengono fatte in questo momento. Non prenderei nulla troppo sul serio», ha minimizzato un alto funzionario dell’amministrazione statunitense.
«Se Hamas dovesse dire di no – avverte – pensate a cosa starebbe facendo alla popolazione di Gaza». Dalla Striscia arriva una conferma indiretta. «Abbiamo elevato la nostra preghiera per la pace dal luogo dei combattimenti e in concomitanza con i colloqui a Doha che speriamo portino ad un accordo per una tregua», racconta il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli. «Abbiamo invocato il miracolo della pace», aggiunge padre Gabriel». Il negoziato non ferma le bocche di fuoco. Ieri nel corso di un attacco aereo israeliano sono state uccise «diciotto persone appartenenti alla stessa famiglia». Un giornalista dell’Associated Press sul posto ha riferito di avere contato i 18 cadaveri dopo il raid che nelle prime ore della giornata ha colpito una casa e un magazzino adiacente a Zawayda, nel centro della Striscia. Tra le vittime c’era un grossista identificato come Sami Jawad al-Ejlah (o Ajilah), che si era coordinato con l’esercito israeliano per portare carne e pesce a Gaza. Con lui, precisa l’Associated Press, c’erano anche le sue due mogli, 11 dei loro figli di età compresa tra 2 e 22 anni, la nonna dei bambini e altri tre parenti. L’emergenza umanitaria è uno dei temi su cui i negoziatori fanno pressioni sulle parti perché non continuino a sacrificare le vite dei civili per i proprio obiettivi. A Gaza il ministero della Sanità palestinese ha confermato un primo caso di poliomielite nella città di Deir el Balah in un bambino di 10 mesi. «I medici sospettavano sintomi simili alla poliomielite e dopo aver effettuato i test nella capitale giordana, è stata confermata l’infezione da un ceppo del virus», informa una nota da Ramallah.
Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, nei giorni scorsi ha implorato una settimana di tempo per consentire agli operatori dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, di eseguire una campagna vaccinale antipolio per i bambini della Striscia. Cibo, farmaci e vaccini scarseggiano. Le armi non mancano e neanche i fronti aperti. Ieri pomeriggio fonti militari di Tel Aviv hanno accusato Hezbollah di avere lanciato 55 razzi verso il nord di Israele. I miliziani filo-iraniani rispondono che quella è stata la rappresaglia per un attacco aereo israeliano nell’area di Nabatieh, che secondo il ministero della Salute libanese ha ucciso 10 persone, tra cui una donna e due bambini, tutti cittadini siriani. In un episodio separato, due soldati israeliani sono rimasti feriti in un attacco con drone su una postazione militare vicino alla comunità di Misgav Am, nel Nord Israele. Uno dei soldati è stato dichiarato in gravi condizioni. Hezbollah ha rivendicato l’attacco spiegando di avere lanciato sull’area due droni.
A Tel Aviv in serata decine di migliaia di israeliani hanno aderito alla manifestazione cn cui si chiede un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi imprigionati da Hamas a Gaza. Accusano i fondamentalisti per il 7 ottobre, ma accusando il primo ministro Benjamin Netanyahu di aver deliberatamente ostacolato in passato una intesa per il rilascio di tutte le persone catturate dagli estremisti. Numerosi familiari degli ostaggi hanno preso la parola per dire a Netanyahu di non perdere altro tempo. In piazza anche un manifestanre con una maschera di Netanyahu sul volto, chinato su quelo che viene rappresentato come un ostaggio morto e insanguinato. Accanto uno striscione; "Ho aggiunto delle clausole, gli ostaggi sono morti. Mi dispiace".

Ma torti e ragioni non sono parte della trattativa. Il timore più grande è ancora il doppio gioco di chi si è sentito costretto a sedersi per dialogare e avrebbe preferito farne a meno. In attesa di un accordo, né Israele né Hamas vogliono dare l’idea d’essere disposti a cedere. Al tramonto, quando Gerusalemme riprende a brulicare dopo il silenzio del sabato ebraico, sui telefoni arriva una raffica di allarmi per nuovi attacchi dal Nord possibili lanci da Gaza. Prima che si arrivi a una tregua, il conflitto continua a parlare il gergo che qui si impara in fretta: la lingua della guerra.
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