venerdì 11 ottobre 2024
L'esercito questa volta ammette l'«errore». Feriti due soldati dello Sri Lanka: uno è in gravi condizioni. La condanna internazionale. Ancora incertezza sul piano israeliano dell'attacco all'Iran
Mezzi del contingente di interposizione Unifil nel sud del Libano

Mezzi del contingente di interposizione Unifil nel sud del Libano - Reuters

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Non sono le scuse, ma è un mezzo passo indietro. L’esercito israeliano ha espresso «rammarico» per aver ferito «inavvertitamente» soldati della forza di interposizione Unifil nel sud del Libano. E ha promesso «un esame approfondito al più alto livello». Pur ribadendo di avere «istruito» il personale Unifil a «entrare negli spazi protetti» e restarci, e questo «ore prima dell’incidente». Dopo gli attacchi di giovedì alla base principale della missione internazionale di pace a Naqura – che l’Unifil definisce «deliberati» – e il ferimento di due caschi blu indonesiani, altre due esplosioni hanno causato il ferimento di due cingalesi: uno è grave. Non lontano, sulla collina di Labune, un bulldozer israeliano ha abbattuto una parte del muro di protezione della base degli italiani. «I nostri peacekeeper sono rimasti sul posto – informa l’Unifil – ed è stata inviata una forza di reazione rapida». L’Onu fa sapere che non è previsto «al momento» un riposizionamento dell’Unifil.

Dopo la protesta del ministero della Difesa per l’attacco di mercoledì sera a basi degli italiani, anche Parigi ha convocato l’ambasciatore israeliano denunciando la «violazione del diritto internazionale». Londra è «inorridita». «Indignazione» da Mosca e «dura condanna» da Pechino. Dura la reazione del presidente americano Joe Biden: Israele non deve più colpire le forze dell’Onu in Libano. Lunedì la questione arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue. «Aspettiamo di vedere cosa diranno gli Stati membri – è cauto l’Alto rappresentante Josep Borrell –. Ci sono migliaia di caschi blu dislocati nel mondo, si pensi a quali potrebbero essere le conseguenze».

Da Washington, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha esortato l’omologo israeliano Yoav Gallant «a garantire la sicurezza delle forze Unifil e coordinare gli sforzi per passare dalle operazioni militari a un percorso diplomatico». I due si sarebbero dovuti vedere al Pentagono giorni fa per discutere del piano israeliano di attacco all’Iran, in risposta ai missili del 1° ottobre, ma Gallant era stato fermato dal premier Benjamin Netanyahu poco prima di partire. L’indomani Bibi, com’è chiamato, aveva avuto una lunga telefonata con Biden. Stando alle indiscrezioni raccolte dal sito Axios, i piani israeliani sarebbero più aggressivi di quanto auspicato dagli Usa ma «ci si sta muovendo nella giusta direzione». Proseguono le consultazioni. Dalla riunione del gabinetto di sicurezza, giovedì sera, dopo quattro ore non è uscito nulla. Secondo i media israeliani, la spaccatura è sui tempi della risposta armata: alcuni ministri premono perché sia immediata, altri chiedono un effetto a sorpresa.

Da parte sua, l’Iran è «pronto ad adottare misure difensive più forti, se necessario», ha scritto su X il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi. Di ritorno da un tour in Arabia Saudita e in Qatar, ha chiesto a tutti i Paesi arabi di non concedere lo spazio aereo ai missili israeliani. «I Paesi che aiuteranno Israele in qualsiasi modo nella sua rappresaglia potrebbero potenzialmente entrare nella guerra», avrebbe minacciato. Un diplomatico ha confermato a Nbc News che «il Consiglio di cooperazione del Golfo non è interessato a essere messo in mezzo a un fuoco incrociato».

Ma Teheran è anche alle prese con problemi interni. Il comandante della Forza Quds, Esmail Qaani, avrebbe avuto un infarto durante un interrogatorio condotto dai pasdaran. Dato per morto in un raid israeliano su Beirut, era riapparso a Teheran. In odore di medaglia da parte della Guida suprema, Ali Khamenei, è sospettato di coinvolgimento nella fuga di informazioni che ha consentito agli israeliani di uccidere il leader di Hezbollah, Nasrallah. Fonti dell’intelligence Usa confermano che è sotto indagine.

Sul terreno proseguono gli scontri. Due soldati dell’esercito libanese sono rimasti uccisi e tre feriti. Il ministero conta 60 morti in una giornata. Il capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, Herzi Halevi, ha visitato le truppe assieme al capo dello Shin Bet (servizi interni), Ronen Bar. L’offensiva non si fermerà, ha detto, «finché non ci assicureremo di far tornare i residenti in sicurezza, non solo ora ma anche in futuro».

Il premier libanese ad interim, Najib Mikati, invoca ancora la soluzione diplomatica, con il dispiegamento dell’esercito a sud del fiume Litani e il conseguente ritiro e disarmo di Hezbollah. In televisione, il responsabile media del gruppo ha detto che è aperto agli sforzi per fermare gli attacchi ma ha anche avvertito che la priorità dei filoiraniani è «sconfiggere Israele»: «La battaglia è solo all’inizio».

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