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“La Gioconda” di Leonardo Da Vinci fa bella mostra di sé nella stanza più famosa del Museo del Louvre di Parigi - Reuters
Nella Francia indebitata e costretta come mai prima a rivedere i conti della spesa pubblica, il Louvre resta un’eccezione. Uno di quei simboli mondiali di cui Parigi è troppo fiera per fare eccessive concessioni. Per questo, ieri, il presidente Emmanuel Macron ha cercato di rassicurare tutti, annunciando un rinnovamento del museo più celebre e visitato del mondo, scivolato sul versante pericoloso dell’«obsolescenza» e delle «avarie» ricorrenti ai sistemi tecnici, come aveva segnalato la stessa direttrice dell’istituzione, Laurence des Cars, in una nota riservata alla ministra della Cultura Rachida Dati, presto rivelata dai media transalpini, suscitando grande scalpore.
Conservare l’orgoglio anche in tempi di vacche magre, s’il vous plaît. Questo un po’ il senso implicito del piano «Nuovo rinascimento del Louvre», che condurrà nell’arco di una decina d’anni a un museo «ripensato, restaurato, ingrandito», ha promesso Macron sul posto. Il costo? Secondo l’entourage presidenziale, fra 700 e 800 milioni di euro, ma solo «in minima parte» sborsati dallo Stato con i conti in profondo rosso. Grazie pure a un nuovo ingresso previsto entro il 2031, l’obiettivo è di raggiungere i 12 milioni di visitatori all’anno, ai quali la tela più celebre, la Gioconda di Leonardo, sarà presentata in una nuova sala specialmente dedicata, con un biglietto d’accesso ad hoc. Dall’anno prossimo, inoltre, i visitatori non europei pagheranno di più.
Fra i problemi evocati nella nota delle polemiche, sbalzi di temperatura fuori controllo anche in sale importanti, infiltrazioni d’acqua piovana, sanitari fatiscenti. Ma il principale nodo da risolvere deriva paradossalmente dal successo straordinario del museo, che ha generato un sovraffollamento di visitatori non prefigurato negli anni Ottanta, quando l’istituzione venne già totalmente ripensata. All’epoca, si prevedeva un’affluenza annua attorno ai 4 milioni d’ingressi, ma negli ultimi esercizi le visite hanno spesso superato il doppio di quella stima, oscillando fra 8 e 10 milioni. Ciò ha avuto un impatto sulla fruizione delle opere, spingendo la direttrice a imporre un tetto massimo di trentamila ingressi al giorno.
Irene Baldriga, docente di museologia alla Sapienza, di passaggio in questi giorni a Parigi per un seminario all’École du Louvre, conferma che «il vero problema è il sovraffollamento delle sale che mette a rischio il patrimonio. La direttrice Des Cars è donna intelligente e anche coraggiosa, perché dice anche cose non necessariamente popolari. La sua denuncia mi pare assolutamente giustificata, perché tra l’altro tocca la qualità dell’esperienza di visita, un impegno che il museo deve assicurare al proprio pubblico. Decongestionare il patrimonio significa ridare valore al museo attraverso una fruizione consapevole: la stessa Des Cars osserva che si arriva in massa davanti alla Gioconda, senza nemmeno avere gli elementi minimi di comprensione dell’opera. Per inciso, la direttrice ha proposto la realizzazione di un secondo ingresso proprio per decongestionare l’area della piramide e dirigere i visitatori anche verso altre aree del museo che non vengono normalmente visitate». Macron sembra dunque aver preso la questione sul serio. Ma i grandi innamorati del Louvre possono comunque dormire sonni tranquilli. Le visite continuano ad incantare, ancor più in coincidenza di mostre temporanee dal grande impatto, come quella attualmente dedicata a Cimabue che abbiamo visitato.
In prossimità dell’ala Denon, l’area più celebre dov’è ancora esposta pure la Gioconda, incrociamo una coppia d’italiani, Martin e Silvia, lui cresciuto a Parigi, lei romana, entrambi grandi appassionati del Louvre, tanto da tornarvi «spesso». Sulle condizioni dell’istituzione sorridono, non mostrandosi più preoccupati di tanto: «Un po’ di polvere si accumula sulle opere, è vero, una rinfrescatina proprio ci vorrebbe. Ma tutto rimane splendido», sottolinea Martin.
Nel grande atrio d’ingresso, sotto la celebre piramide di vetro, incontriamo Yves-Henri, francese, professore di tedesco in pensione, anch’egli fra gli habitué, abitando pure nelle vicinanze: «Ho avuto la fortuna di visitare tanti musei nel mondo intero. E debbo dire che, in confronto, trovo il Louvre ancora in ottimo stato. È uno dei rari musei al mondo ad essere universale, a parte le arti primordiali». Nondimeno, sull’affluenza, muove un appunto: «Per far cassa, è stata chiusa un’uscita, facendo confluire tutti verso i negozi del Carrousel du Louvre. Ma così, c’è un effetto imbuto che genera problemi. Inoltre, è chiaro che i sanitari ed altri servizi sono ormai ampiamente insufficienti». E i problemi strutturali? «Sì, ho notato anch’io a volte piccole infiltrazioni d’acqua, anche nella stessa galleria dell’ala Denon con i capolavori italiani. Ciò è dovuto al fatto che il drenaggio non è sufficiente, per via del tetto piatto». In effetti, visitando le sale e gallerie più celebri, saltano agli occhi, qui e lì, crepe o macchie di umidità, soprattutto in alto, anche se non immediatamente attorno alla Gioconda sempre ammiratissima. Dama per eccellenza fra le istituzioni museali, il Louvre curerà presto le sue rughe. Uno status speciale val bene polemiche e cure eccezionali.