Rifugiati nel campus dell'università di Aksum, nella regione tigrina Shire, trasformato in centro di accoglienza - Reuters / Baz Ratner
Le truppe eritree sono ancora in Tigrai, nonostante a fine marzo il premier etiope Abiy ne avesse annunciato il ritiro. E la guerra oscurata, la guerra delle troppe bugie iniziata il 4 novembre 2020 cresce di intensità mentre la situazione umanitaria peggiora. A Pasqua è partita una terza ondata di morte e distruzione, dopo le offensive di novembre e febbraio. Le operazioni riguarderebbero soprattutto la zona montagnosa a nord est, dopo Adigrat, epicentro di una guerriglia che ha costretto Abiy per la prima volta ad ammettere che i combattimenti dureranno ancora mesi.
La popolazione civile della regione settentrionale etiope è allo stremo, i giovani si arruolano nelle forze di difesa tigrine controllate dal deposto partito di liberazione del Tigrai, Tplf, contro cui Addis Abeba ha aperto le ostilità. Diverse testimonianze dal campo così come le dichiarazioni dei leader del Tplf riprese da agenzie di stampa internazionali confermano la presenza delle truppe di Asmara nel nord della regione settentrionale etiope. Gli eritrei indossano le loro uniformi oppure quelle nuove dell’esercito federale etiopico, stando a diverse testimo- nianze. Si riconoscono dai tradizionali sandali in plastica. I combattimenti continuano attorno ad Adigrat, Axum e Wukro e nel Tembien.
La città di Hawzen, ai confini con l’Eritrea, è stata pesantemente bombardata dalle truppe alleate etiopi ed eritree e altri 20 camion di rinforzi eritrei sono entrati da Zalambessa ai primi di aprile. «Gli scontri si sono intensificati fuori dai centri abitati perché il Tplf ha scelto la guerriglia», conferma al telefono da Macallè un giornalista tigrino del quale per ragioni di sicurezza non forniamo le generalità. Secondo il reporter la situazione sanitaria è drammatica ovunque. «La gente continua a morire ogni giorno per mancanza di farmaci e cure. E i casi di malnutrizione sono sempre più frequenti».
Un rapporto della Word peace foundation accusa la coalizione composta dalle forze federali etiopi, da quelle regionali Amhara e dalle truppe eritree di aver provocato la carestia distruggendo raccolti e bestiame. L’Onu denuncia un aggravamento dell’emergenza umanitaria.
Mercoledì scorso il portavoce del segretario generale dell’Onu Stephane Dujarric ha confermato che l’accesso alla regione è sì migliorato, ma la ripresa delle ostilità rende difficile la situazione. Le strade sono parzialmente chiuse e due milioni e mezzo di persone nelle aree rurali sono private dell’accesso ai servizi essenziali ormai da cinque mesi. Gli sfollati nelle aree urbane sono centinaia di migliaia.
Le risorse portate dalle organizzazioni umanitarie restano insufficienti per i 4,5 milioni di tigrini su sei milioni che hanno bisogno di aiuti umanitari per sopravvivere. A Shire le strade sarebbero state invase da 450mila sfollati interni secondo l’Onu. Fonti locali denunciano rappresaglie sui civili per vendicare le perdite e arresti con esecuzioni extragiudiziali di sospetti appartenenti al Tplf. Addis Abeba con una nota del ministero degli Esteri respinge le accuse incolpando la campagna di disinformazione condotta presso i media internazionali dalla «cricca del Tplf» e ribadendo la volontà di accertare i crimini di guerra con l’Onu attraverso la commissione etiope per i diritti umani.
Molti video delle stragi di civili accusano i soldati eritrei ed etiopi. Il sito tigrino Tghatnews li ha inviati a grandi emittenti televisive le quali li hanno verificati. Ad esempio nelle immagini dell’eccidio di 34 uomini a Mahbere Dego mandato da Bbc e Cnn (GUARDA QUI), girato con un cellulare, si sente un graduato raccomandare ai commilitoni di non usare più di due proiettili per ognuno dei prigionieri seduti in attesa dell’esecuzione. Amnesty International ha confermato invece dopo la verifica dei video i forti sospetti sul Tplf per il massacro di oltre 500 persone a Mai Kadara dopo la sconfitta subita il 9 novembre scorso nel quale sono stati massacrati con asce e machete lavoratori stagionali Amhara. Si segnalano tensioni etniche anche in altre aree dell’Etiopia. Il bilancio degli scontri al confine tra Afar e Somala è di cento morti.
Ad oggi si contano 68.000 rifugiati etiopi in Sudan mentre la tensione tra i due Paesi su quella linea di confine cresce per il mancato accordo sulla diga sul Nilo. Ieri Egitto e Uganda, altro stato rivierasco, hanno concluso un accordo per lo scambio di informazioni d’intelligence. Altro brutto segnale per il Corno d’Africa.