mercoledì 7 aprile 2021
Ucciso il 44esimo del 2021 attivista a Pasqua, giorno in cui la Chiesa ha invitato ad esporre bandiere candide contro l'incremento dei massacri durante le restrizioni. Le Ong: sono il 70% in più
L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca

L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca - Conferenza episcopale colombiana

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La vittima numero 44 – solo nel 2021 – è Fernando Eisneider Lozada Franco. Lo hanno ucciso con quattro proiettili mentre guidava il proprio furgoncino lungo la strada che collega Toribío a Calota, fra le montagne del Cauca. Per toglierlo di mezzo, il commando armato ha scelto una data simbolica: la domenica di Pasqua che quest’anno, su invito della Chiesa locale e dell’arcivescovo di Popayán, Ómar Alberto Sánchez, ha tinto di bianco persone ed edifici. Drappi candidi sono stati appesi a finestre e balconi mentre le persone hanno indossato abiti dello stesso colore. Un grido muto contro la violenza che dilania la regione e il resto della Colombia e azzoppa la pace firmata il 24 novembre 2016 tra il governo e le Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc), la più antica guerriglia marxista dell’America Latina.

L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca

L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca - Conferenza episcopale colombiana

Il "vuoto" lasciato da quest’ultima nelle sterminate aree rurali, in seguito alla smobilitazione, è stato riempito da altri gruppi armati a causa dell’inerzia dello Stato. Da una parte i nuovi paramilitari, eredi della formazione d’ultradestra Autodefensas unidas de Colombia (Auc). Dall’altra le frange delle Farc contrarie alla smobilitazione. Spesso, archiviate le vecchie differenze ideologiche, paramilitari e ex guerriglieri sono alleati nel business della cocaina e dell’estrazione illegale dell’oro. Commerci particolarmente redditizi ora che, complice la pandemia, i prezzi di questi prodotti sono esplosi sul mercato internazionale. Il bersaglio principale dei gruppi illeciti sono gli attivisti per i diritti umani. Leader sociali li chiamano in Colombia, per sottolinearne il ruolo all’interno della comunità di cui sono, spesso, gli unici referenti a causa dell’assenza delle istituzioni pubbliche. Fernando Eisneider Lozada Franco era uno di loro. Indigeno del popolo Nasa, era uno dei capisaldi del progetto creato 41 anni fa, con l’aiuto di padre Álvaro Ulcué, primo sacerdote nativo della nazione, assassinato per il suo impegno il 10 novembre 1984. Lozada Franco, in particolare, aveva denunciato la pressione sui contadini da parte delle forze armate per costringerle a coltivare coca. Dalla firma della pace, sono già 1.156 gli attivisti massacrati, in base al monitoraggio di Indepaz. Omicidi, minacce e violenza si sono intensificate con la pandemia.

L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca

L'iniziativa per la pace nel giorno di Pasqua nella regione del Cauca - Conferenza episcopale colombiana

Difficile quantificare l’aumento: la Missione di osservazione elettorale parla addirittura del 70 per cento in più. Le restrizioni alla mobilità per il Covid, di certo, hanno lasciato le comunità in balia dei gruppi illegali. I quali ne hanno approfittato per espandere il proprio potere. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha parlato di un drastico incremento di sfollati e desaparecidos – al ritmo di una scomparsa ogni tre giorni – da sempre eloquenti indicatori del conflitto colombiano. Il Cauca – insieme alla regione di Nariño – è uno degli epicentri attuali. I sentieri nascosti fra le montagne coperte di boschi sono tra le rotte principali della coca dai laboratori della selve verso porti, aeroporti e piste clandestine per l’esportazione all’estero. A contenderseli sono i dissidenti delle Farc e il Clan del Golfo, formato da ex paramilitari e narcos i quali competono anche per il traffico di oro sporco. Dalla fine di marzo la battaglia s’è fatta ancor più cruenta con un’autobomba esplosa a Corinto e massacri in vari municipi. Per fuggire dai combattimenti, nell’ultima settimana, 2mila contadini hanno dovuto lasciare le proprie case ad Argelia.

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