Dentro la valigia del padre. Un bambino profugo in Siria - Ansa / Unicef
La geopolitica in Siria gioca un ruolo anche nella crisi pandemica, con la questione del controllo dei valichi di frontiera da cui entrano gli aiuti umanitari e vaccini, che è stata anche al centro dei colloqui di “Astana-16”, che si sono conclusi l’8 luglio, e in occasione del nuovo Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E chi ne paga le conseguenze, come sempre in questi dieci anni di guerra, è la popolazione civile. Non si è ancora arrivati a conclusioni concrete sugli aiuti transfrontalieri. L’ambasciatore cinese Zhang Jun avrebbe affermato che bisognerebbe interessarsi alla soluzione della crisi siriana anziché concentrarsi solo sulla questione delle porte di ingresso nel Paese».
La stessa fonte riferisce che i due membri permanenti del Consiglio di sicurezza alleati del regime siriano, Russia e Cina, chiedono, in cambio di una flessibilità sull’apertura dei valichi di frontiera un alleggerimento delle sanzioni Damasco. Da tempo Mosca e Ankara sono in un braccio di ferro sul controllo del valico di Bab al-Hawa, che in pratica è rimasto l’ultimo canale da cui entrano aiuti per le zone sotto il controllo dell’opposizione. L’Onu stessa ha denunciato che la chiusura di questo canale potrebbe provocare una nuova tragedia umanitaria.
Mentre l’Unicef denuncia che le popolazioni sfollate e quelle tornate alle terre d’origine, in particolare nel nordest e nel nordovest del Paese, si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità al Covid-19 e ad altre epidemie per le condizioni di vita insalubri, il sovraccarico dei servizi sanitari, la scarsa copertura vaccinale, anche la Mezzaluna Rossa Curda lancia un allarme. Oltre al coronavirus, in molte aree, in particolare ad al-Shahba, nella periferia di Aleppo, dove vivono oltre 100mila sfollati di Afrin, è tornata la leishmaniosi, che colpisce, in particolare, i bambini. Per contrastare questa malattia infettiva (che in Occidente ormai colpisce solo i cani) basterebbe un vaccino, disponibile da decenni in tutto il mondo, ma non in Siria. Continua, intanto, a salire il numero di persone contagiate dal Covid-19 in Siria. Secondo dati raccolti dalla Johns Hopkins University, a ieri sono oltre 25mila le persone contagiate in Siria, 1.896 le vittime, mentre il numero dei guariti è superiore a 21mila.
Il programma Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha previsto la consegna di un milione e 20mila dosi di vaccino AstraZeneca alla Siria, ma ad oggi ne sono state distribuite circa 260mila, consegnate rispettivamente al governo di Damasco, alle autorità curde del nord-ovest sotto la protezione americana e ai rappresentanti dell’opposizione filo-turca del nord-est. Solo 5.957 persone, circa lo 0,03% della popolazione avrebbero ricevuto la doppia dose di vaccino. Sono 108mila le dosi totali somministrate.
Secondo i dati forniti da Yasser Nagib, presidente del Syria Immunization Group, ad oggi nel nord-ovest della Siria sono state vaccinate circa 35mila persone.
La campagna di immunizzazione, iniziata due mesi fa, ha sin qui coinvolto oltre 12mila medici e infermieri, solo un terzo della popolazione che opera in ambito sanitario. Nagib ha inoltre annunciato che, per la metà di agosto, in base al calendario del programma Covax dell’Oms, dovrebbero arrivare nella stessa zona altre 52mila dosi circa, che permetteranno di inoculare la seconda dose a chi ha già ricevuto la prima. Più scettica la responsabile per l’informazione dell’Oms, Ines Humam, che ha dichiarato che non ci sono ancora informazioni certe sulla consegna delle nuove dosi alle diverse zone della Siria.
«Ciò dipende da una serie di fattori, non ultimo la disponibilità dei vaccini», ha aggiunto Humam. La popolazione di quelle aree, va ricordato, vive sotto la continua minaccia e influenza delle formazioni qaediste che ancora scorrazzano nel territorio e che, hanno denunciato gli operatori, spaventano la gente con false notizie sul vaccino.