Il gruppo dei giovani della Comunità pastorale di Offanengo, Ricengo e Bottaiano (Cremona)
Cosa possono dire i giovani alla Chiesa, e che rapporto stabilire con le novità che si portano dentro? Risponde il vescovo di Como, Oscar Cantoni, prossimo a diventare cardinale: il suo nome è tra i 21 che riceveranno la berretta cardinalizia il 27 agosto. Negli scorsi mesi, con i suoi confratelli pastori, Cantoni ha partecipato a «Giovani e Vescovi», il percorso di dialogo delle Chiese lombarde con le nuove generazioni.
Lei ha incontrato tanti giovani durante «Giovani e Vescovi». Perché ha deciso di sedersi a un tavolo per ascoltarli, e che impressione le hanno lasciato i dialoghi?
Stare con i giovani rende giovani! I giovani "sono" la Chiesa e la Chiesa "è" la loro casa, quindi sarebbe strano il contrario: ovvero non parlare con loro. Mettersi in reciproco ascolto è il primo e il più importante stile pastorale: conoscersi, creare relazioni, dialogare permette di superare eventuali timidezze o diffidenze e, soprattutto, aiuta a condividere idee, progetti, criticità, risorse, nel rispetto del pensiero di ciascuno. Oggi siamo abituati agli "scontri verbali" o agli "incontri virtuali", dove manca un vero contraddittorio. Dialogare, invece, significa fare un pezzo di strada insieme. E con i partecipanti a «Giovani e Vescovi» abbiamo vissuto questa relazione, questa dimensione. Personalmente sedevo a uno dei tre tavoli dedicati agli "affetti", tema delicatissimo e decisivo, perché coinvolge la parte più intima della persona. Ho dialogato con giovani preparati, per nulla timorosi di illustrare le loro istanze. Si sono messi in discussione, di fronte sia alla Chiesa che al pensiero "liquido"... ci hanno chiesto di essere sostenuti, accompagnati su temi cruciali come vocazione, generatività, vita di coppia. È stato un grande esercizio di maturità.
Monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Como - Da www.diocesicomo.it
Durante «Giovani e Vescovi» i giovani hanno proposto alla Chiesa azioni concrete e sfidanti, come la nascita di una "scuola dell’amore" diffusa sui territori, o un investimento nella formazione dei propri coetanei. Cosa fare con le loro proposte, e che rapporto stabilire con le novità che i giovani possono portare alla Chiesa?
Dopo l’ascolto e il dialogo, il passo successivo è il discernimento. Le parole devono diventare concrete, altrimenti verrebbero disattese le speranze di chi ha investito testa, cuore e tempo in questa iniziativa. Discernere significa saper valutare bisogni, urgenze e modalità operative. Questo aspetto è affidato ai responsabili della Pastorale giovanile in Lombardia, che sono in contatto diretto con i giovani e con i loro referenti, conoscono i territori e insieme possono capire come passare dalle idee ai progetti. Lo dicevo prima: i giovani sono la Chiesa, e il contributo di ciascuno è fondamentale per costruirla e renderla viva.
Attraversiamo un momento di allontanamento dalla fede cristiana soprattutto da parte dei più giovani. Cosa dice questo alla Chiesa?
Sì, c’è un allontanamento, ma, al tempo stesso, ci sono anche fame e sete di infinito. Fame e sete di Dio. Questo sentimento che anela al Cielo si perde, schiacciato da una cultura diffusa appiattita sul presente, sul materiale, sul "tutto&subito". La Chiesa, in ascolto ma senza cedere alla tentazione di perdere la propria identità per seguire mode magari accattivanti ma temporanee, è impegnata a diffondere il seme buono del Vangelo, di cui deve essere la prima testimone credibile. Ricordiamoci, però, che la Chiesa siamo tutti noi: laici, consacrati, religiosi... è il nostro esempio che dice il bello e il buono della fede.
Come racconterebbe a un giovane lontano dalla Chiesa cosa si "guadagna" da una vita di fede?
Gli direi "vieni e vedi". Il "guadagno" di una vita nella fede è molto diverso dalle logiche terrene e si può raccontare solo guardando ai tanti testimoni, agli innumerevoli "santi della porta accanto" che quotidianamente con parole, fatti, scelte, gesti vivono alla luce del Vangelo. È una vita senza dubbio esigente, che richiede coerenza... Ma è una vita densa di bene, fatto e ricevuto.
Lei sta per ricevere la berretta cardinalizia dalle mani del Papa, come spiega ai giovani questa sua nuova responsabilità nella Chiesa?
Mi sento indegno di questo dono, che ho accolto in umiltà e in spirito di servizio e obbedienza al Santo Padre Francesco e alla Chiesa. Dio sceglie i piccoli e chiede loro di essere suo strumento. È vero, il Papa metterà nelle mie mani la porpora cardinalizia, ma le mie mani saranno quelle di tutta la diocesi e della Chiesa intera. Sentiamo la responsabilità di essere eredi di una storia di fede bagnata dal sangue dei martiri e alimentata da figure luminose di credenti veri. Ci sosterremo vicendevolmente per essere testimoni e annunciatori della misericordia di Dio.
Come immagina la Chiesa del futuro?
La Chiesa del futuro è già qui, oggi, nel presente. E non posso che immaginarla come una Chiesa sinodale, dove si cammina insieme, ci si ascolta e non si lascia indietro nessuno.