La transizione ecologica sta cambiando radicalmente il modo di fare impresa. A testimoniarlo, l'aumentata richiesta di competenze manageriali specifiche nel campo della sostenibiltà da parte delle aziende. In uno studio dell'osservatorio “4 Manager”, è stato rilevato come più della metà delle grandi e medie imprese stia elaborando una strategia di trasformazione nell'ottica della sostenibilità a trecentosessanta gradi. Questo comprende la ricerca di professionisti del settore in grado di includere tutti i processi aziendali, individuarne i punti deboli, riorganizzare la gestione interna e pianificare la migliore strategia in un’ottica di efficientamento e sostenibilità, anche nel quadro degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell'Unione europea.
«Per affrontare uno scenario geopolitico ed economico in tumultuoso cambiamento, il mercato del lavoro avrà sempre più bisogno di nuove professionalità - ha dichiarato Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager e 4 Manager - è per questo che assistiamo a una crescita annuale pari al 5% della domanda di competenze manageriali con sempre più precise “green skill”».
Negli ultimi anni sono stati assunti manager, lavoratori con elevate competenze tecniche e scientifiche e sono state incrementate le risorse per la formazione. Il professionista più richiesto è il “Sustainability manager”, il «coordinatore di sostenibilità»: negli ultimi dodici mesi le qualifiche professionali per questa figura sono cresciute del 46%. In aumento anche altre figure manageriali più specialistiche (environmental manager, governance manager, social manager ed energy manager), che registrano un +38%, o di carattere consulenziale (+25%). Le competenze più richieste riguardano gli impatti sui bilanci (+207%); la responsabilità sociale (+69%); ambiente, salute e sicurezza (+59%) e finanza (+42%).
Questi profili professionali hanno la caratteristica comune di interpretare un'evoluzione del tradizionale paradigma competitivo verso una maggiore integrazione dei fattori Esg (Environmental-Social-
«La domanda di competenze sta cambiando non solo quantitativamente ma, soprattutto, qualitativamente», ha spiegato Giuseppe Torre, coordinatore dell’Osservatorio 4 Manager e docente invitato del laboratorio di ecologia integrale dell’Antonianum. «Prima le figure che si occupavano di questioni ambientali avevano competenze prettamente tecniche e focalizzate sull'applicazione delle normative - ha proseguito Torre - ora il concetto di sostenibilità è cambiato: è incentrato sul sociale e c'è bisogno di competenze trasversali per gestire l'aspetto relazionale».
In quest'ottica, il principale problema è che gli investimenti di risorse sono ancora focalizzati in problemi troppo specifici. «Le aziende più virtuose sono poche, meno del 10% - ha spiegato il professor Torre - e hanno tutte in comune due caratteristiche: studiano strategie su un orizzonte temporale più lungo e hanno capito che innovazione e sostenibilità sono aspetti intimamente connessi».
C'è dunque bisogno di un cambiamento sistematico che dovrebbe avvenire in un ambiente, quello manageriale, in cui, nel nostro Paese, si fa ancora fatica a far incontrare la domanda e l'offerta di compentenze. Nello studio dell'Osservatorio viene evidenziato come i principali fattori di attrito alla crescita e allo sviluppo delle imprese siano la difficoltà di reperimento delle competenze sul mercato del lavoro (35%); gli ostacoli di natura normativa o burocratica (31%) e la carenza di competenze manageriali interne (23%).
«I percorsi di transizione verso la sostenibilità appaiono ancora piuttosto frammentati - ha concluso Torre - anche se rileviamo i primi segnali di una importante evoluzione soprattutto per il progressivo diffondersi della consapevolezza che il degrado climatico, ambientale e sociale possono essere affrontati solo attraverso modelli valoriali, culturali e comportamentali alternativi a quelli che li hanno generati».