Marco Pedroni, dal 2013 presidente di Coop Italia - Coop
Nei prossimi giorni Coop, il principale gruppo della grande distribuzione in Italia, proporrà al mondo agricolo e all’industria agroalimentare un patto per la stabilità: un impegno comune su prezzi, forniture, ordini. «Ognuno deve fare la sua parte per assorbire le tensioni che in questo momento si avvertono lungo la filiera» spiega Marco Pedroni, dal 2013 presidente di Coop Italia.
I dati Nielsen mostrano che dopo il picco di vendite di metà marzo anche per i supermercati è arrivato un rallentamento. Che cosa succede?
Noi abbiamo visto dei picchi di acquisto nelle prime due settimane dopo l’annuncio delle misure restrittive. Nelle settimane successive c’è stata una stabilizzazione, come ci aspettavamo. Non ci sono problemi di approvvigionamento, e questo la clientela lo ha capito. È molto cambiata la composizione media della spesa: ci sono poche persone che fanno però spese più grandi, molti acquisti in settimana invece che nel weekend. Abbiamo deciso di tenere chiuso la domenica per dare un po’ di sollievo ai dipendenti.
Abbiamo visto scaffali della farina svuotati, il lievito diventato introvabile. Sono problemi risolti?
Le persone stanno in casa e c’è un naturale ritorno a fare da mangiare invece che comprare prodotti pronti. Per la farina, il lievito e le altre materie prime della cucina gli acquisti sono nettamente superiori rispetto al normale. È importante capire che questi prodotti ci sono e continueranno ad esserci, magari un giorno manca una marca ma il giorno dopo c’è. Stiamo facendo il massimo per assicurare che fare la spesa resti un’esperienza normale.
La filiera agroalimentare continua a funzionare bene?
In generale possiamo dire di sì. Ci so- no settori più in difficoltà, ad esempio quello del latte, dove la chiusura dei bar e dei ristoranti si fa sentire, e gli allevamenti. Nell’agricoltura, non siamo a noi a scoprirlo, ci potrebbero essere problemi di manodopera. Noi privilegiamo i fornitori italiani e sappiamo che potrebbe esserci qualche carenza di prodotto. Siamo molto attenti alla filiera delle fragole, per esempio. Se i blocchi dovessero proseguire potrebbero emergere problemi.
Qual è il senso del patto che intendete proporre ai produttori?
Noi come Coop abbiamo scelto di tenere i prezzi fermi per due mesi, fino alla fine di maggio. Questo serve a contrastare ogni forma di speculazione che rischia di concretizzarsi. Al cliente diamo garanzia che i prezzi non cambiano. Lo stesso impegno è sul lato della produzione. Faccio di nuovo l’esempio del latte: con la sovrapproduzione il prezzo scende ma noi abbiamo garantito ai fornitori la stabilità del prezzo di acquisto. È chiaro che se per le dinamiche internazionali i prezzi di certe materie prime saliranno ci perderemo, ma assorbiremo le perdite nei nostri bilanci. Avremmo sperato che questo blocco dei prezzi fosse stato seguito anche da altri ma evidentemente non per tutti è possibile.
I supermercati possono contribuire ad aiutare i fornitori medio-piccoli davanti a problemi di liquidità?
Noi siamo la Coop e abbiamo le nostre particolarità, siamo imprese di persone. Abbiamo Factorcoop, uno strumento consolidato che permette linee di credito e anticipazioni ai fornitori. Stiamo pensando a come rafforzarlo. Dobbiamo fare in modo che i miliardi di euro immessi nel sistema dalla Bce arrivino alle piccole e medie aziende, soprattutto quelle che sono sane ma ora sono chiuse non possono sostenere tanti mesi senza incassi. Credo siano tutte soluzioni per contrastare il più grande rischio che vediamo in questo momento.
Intende il rischio della chiusura di migliaia di imprese?
Non solo: il rischio, più in generale, che la recessione sia molto polarizzata e colpisca gruppi di lavoratori più fragili segnando un ulteriore aumento delle diseguaglianze. Bisogna essere molto attenti nell’aiutare la parte più fragile della popolazione, le situazioni di povertà che rischiamo di trovarci davanti possono portare preoccupanti polarizzazioni sociali e culturali. Contrastare questo scenario non sta solo al governo o al mondo del sociale, ma anche alle imprese. Occorre garantire continuità di lavoro e stabilità dei prezzi anche rinunciando ad alcuni tratti caratteristici del business e del profitto.
Come cambieranno i consumi degli italiani a emergenza finita?
È presto per dirlo, ma sappiamo che ne usciremo gradualmente e con una serie di attenzioni. Molte cose resteranno. Penso alla scelta dei consumi di prossimità e di vicinato, all’abitudine a cucinare di più invece che mangiare fuori. Nella spesa online gli italiani hanno sviluppato un’esperienza che prima non avevano e molto dipenderà da come i supermercati sapranno offrire modalità semplice di acquisto via Internet.
Come Coop avete anche avviato la consegna gratuita della spesa a domicilio per chi non può uscire. Come sta andando?
Molto bene, abbiamo già consegnato oltre 10mila spese in Italia con questa modalità. È un’iniziativa frutto di un protocollo firmato con Protezione Civile e Anci, una delle misure messe in campo per l’emergenza. La prima di queste misure è stata quella di assicurare la continuità di servizio con la massima sicurezza per i clienti e i dipendenti. Abbiamo anche aderito subito all’appello di Conte per aumentare del 10% il valore dei buoni spesa. Abbiamo lanciato diverse azioni di solidarietà sui territori. Ripeto: in questo momento ognuno deve fare la sua parte.