Annamaria Lusardi, direttrice del Comitato EduFin - Ansa
Si è chiusa domenica la Global Money Week, voluta dall’Ocse per formare i cittadini del futuro a un corretto uso del denaro e al ruolo fondamentale che può avere il risparmio MIlano «All’evento di apertura della Global Money Week, quando i bambini delle elementari e delle medie hanno raccontato quello che sanno dei soldi e della finanza, i genitori in platea un po’ si lamentavano: perché a loro il risparmio non l’ha insegnato nessuno». Un po’ ci scherza, Annamaria Lusardi, direttrice del Comitato per l’educazione finanziaria presso il ministero dell’Economia, però è vero: essere educati ai temi della finanza e del risparmio fin da bambini crea cittadini più preparati ad affrontare il mondo. Ed è questo il senso della settimana globale dell’educazione finanziaria per i ragazzi, che si conclude domani: un evento voluto a livello globale dall’Ocse e curato dal Comitato Edufin per l’edizione italiana. Quest’anno per la Gmw ci sono stati 300 eventi in tutt’Italia.
Che cosa dicono i bambini del denaro?
Dicono che serve a risolvere i problemi e aggiungono che il modo migliore di spenderlo è investire in educazione. Ogni anno i bambini che partecipano ci sorprendono perché mostrano un interesse straordinario sui temi della finanza, hanno in genere una visione semplice e corretta del denaro e del risparmio, ne sanno parlare con una familiarità commovente. Hanno qualcosa da insegnare anche agli adulti.
In che senso?
Le faccio l’esempio di una scuola elementare di Paglieta, in provincia di Chieti, che ha partecipato all’evento di apertura. Il sindaco ha invitato gli studenti a fare educazione finanziaria nelle sale comunali, e l’esperienza è diventata una scuola al servizio di tutto il Paese. Quando istruisci i più piccoli sul corretto uso del denaro raggiungi con queste nuove conoscenze anche le famiglie, gli amici, tutta la comunità.
Per questo insistete sull’importanza dell’educazione finanziaria a scuola?
Sì, oggi ci sono in discussione quattro disegni di legge per portarla nelle scuole. Quando siamo partiti con il Comitato Edufin l’idea non era molto popolare: sono passati sei anni, abbiamo cambiato cinque governi, ma il consenso è sempre cresciuto e oggi secondo le indagini Doxa il 90% degli italiani la vuole. Anche a livello politico vedo unità e penso che i tempi siano maturi per arrivare a una legge.
Quali risultati potremmo ottenere?
Due su tutti. Gli studi a livello globale attestano che l’educazione finanziaria a scuola aiuta a sconfiggere le differenze socio-economiche: spesso le conoscenze delle dinamiche dell’economia e del risparmio le hanno solo i figli delle famiglie agiate, perché ne sentono parlare a casa. L’altro problema, purtroppo esclusivo dell’Italia, è quello delle differenze di genere: già a 15 anni le ragazze su questi temi sono meno preparate dei ragazzi. Solo la formazione può abbattere queste differenze.
Temete che se non la farà la scuola l’educazione finanziaria finirà per essere un business degli influencer?
Occorre essere chiari: su TikTok si può andare a vedere come balla la gente, ma sulle cose importanti occorre cautela. Insegno questa materia alla Georgetown University e per costruire un corso efficace di educazione finanziaria ci sono voluti anni. Non sono cose che si improvvisano. Temo che chi dà consigli finanziari sui social raramente abbia la preparazione necessaria. Non solo: gli influencer danno i consigli che servono ai loro finanziatori, non a chi li segue, anche perché la finanza è personale e non ci sono consigli che vanno bene per tutti. La sfida per noi è però quella di parlare di finanza con un linguaggio adeguato e semplice, per renderla comprensibile a tutti.