Il ministro Raffaele Fitto - Ansa
La proposta di Bruxelles che era stata sdegnosamente rispedita al mittente poche settimane fa è stata invece accettata ieri, per la gioia del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che temeva un pericoloso buco di bilancio: la terza rata del Pnrr viene sbloccata con un pagamento di 18,5 miliardi, mezzo miliardo in meno (519 milioni per la precisione) di quanto previsto. Soldi che saranno recuperati, assicura il ministro al Pnrr, quando (tra diversi mesi, forse a inizio 2024) arriverà il quarto bonifico europeo.
Dal punto di vista di Fitto, l’operazione terza rata si è conclusa nel miglior modo possibile. C’è un compromesso, per quanto fragile, con Bruxelles. Che tiene nonostante l’ala dura di Fdi, incarnata in questo caso dal sottosegretario Fazzolari, veda nel commissario economico Ue, Paolo Gentiloni, un «controcanto» che insomma vorrebbe mettere i bastoni tra le ruote all’esecutivo.
L’ex premier sorvola sulle accuse e rivendica, insieme a Fitto, la bontà dell’accordo raggiunto, che ieri il ministro ha comunicato durante una nuova cabina di regia Pnrr.
La soluzione trovata porta anche una ulteriore modifica della quarta scadenza del Pnrr: Roma già aveva presentato a Bruxelles una lista di 10 correzioni su 27 obiettivi, ora si aggiunge questa sulle residenze universitarie. E qualcosa si sta ancora valutando di correggere. Fitto ha promesso di portare la revisione completa del Piano il primo agosto in Parlamento.
Di sicuro, il controllo che farà l’Ue sulle scadenze che dovevano essere raggiunte a fine giugno 2023 saranno rigorose e questo sposterà in avanti l’effettivo versamento dei 16 miliardi (più 519 milioni)
L’opposizione punta il dito contro il governo che «tradisce le aspettative degli universitari», dicono in coro Pd, M5s e Avs. E anche Azione sottolinea le difficoltà che sta incontrando l’esecutivo. Elly Schlein, però, rinnova al governo l’invito a «collaborare».
Dubbi arrivano anche dall'agenzia di rating Standard&Poor's, secondo cui l'utilizzo dei fondi del Pnrr è in netto ritardo in Italia e in Spagna. «Alla fine del 2022 la Spagna e l’Italia hanno utilizzato rispettivamente solo il 10% e il 20% delle risorse disponibili», e quindi «sembra sempre più probabile» che chiederanno «più tempo per intraprendere progetti di investimento complessi che riguardano gli obiettivi climatici, la digitalizzazione e la coesione sociale».