Fabio Panetta, governatore della Banca d'Italia - Reuters
Inflazione vicina al target desiderato, consumi interni fiacchi e crescita economica debole: ecco perché la fase di politica monetaria “restrittiva” della Bce dovrebbe essere ufficialmente chiusa. A indicare la fine di un’epoca e il conseguente inizio di un ritorno alla normalità in tema di tassi e costo del denaro è il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo discorso all’Università Bocconi a Milano dal titolo “Back to the future: forward-looking considerations on monetary policy normalization”. Il discorso del numero uno di Via Nazionale è stato introdotto dal rettore dell’ateneo, Francesco Billari e una delle parole chiave citata dal governatore è stata “normalizzazione”. Panetta è partito da un’analisi dei principali indicatori economici attuali, che dovrebbero portare l’istituto di Francoforte a stabilire un cambio di approccio: "Nell'area dell'euro, l'economia è stagnante e i tassi di interesse sono ancora in territorio restrittivo. Cosa dovrebbe la Bce?. In primo luogo, con un'inflazione vicina all'obiettivo e una domanda interna stagnante, le condizioni monetarie restrittive non sono più necessarie”.
Le priorità sono cambiate ed è ora di spostare l’attenzione su una crescita europea che non decolla: “Dovremmo concentrarci maggiormente sulla lentezza dell'economia reale: in assenza di una ripresa sostenuta, l'inflazione rischia di essere spinta ben al di sotto dell'obiettivo, aprendo uno scenario che sarebbe difficile da contrastare per la politica monetaria difficile e quindi è da evitare. In breve - ha spiegato - dobbiamo normalizzare la politica monetaria e spostarci in territorio neutrale o addirittura espansivo, se necessario”. Panetta quindi suggerisce alla Bce di non decidere più “riunione per riunione”, ma di indicare una direzione da seguire nel medio periodo con un approccio “più tradizionale e realmente lungimirante”. Per il governatore della Banca se è vero infatti che le circostanze "eccezionali" degli ultimi due anni "hanno costretto le banche centrali a dare meno peso alle previsioni e a vivere “giorno per giorno” (o a “rispettare le scadenze”), ora la situazione sul fronte dell'inflazione "si sta normalizzando" e la Bce dovrebbe "tornare alla tradizione concentrandosi sul suo ruolo di reazione a medio termine". Si chiede un orientamento e una comunicazione della Bce che siano più espliciti sulle mosse future, al fine di fornire la necessaria guida a consumatori e investitori.
Anche perché la sfida deve essere quella di rianimare il Pil: “Nell'Eurozona l'attività economica rimane debole. Il tasso di crescita dello 0,4% registrato nel terzo trimestre ha dato un po' di tregua dopo due anni di stagnazione, ma non dobbiamo dare troppa importanza a questo dato: la regione resta in linea con una crescita annua”. Preoccupa soprattutto il malessere dell’industria europea: “La produzione è in calo da due anni e ora è al di sotto dei livelli pre-pandemici". I motori non girano anche perché la locomotiva tedesca si è fermata: “Dieci anni fa era diverso, l'Italia era il malato d'Europa, mentre ora se dovessimo definire chi sia il malato d'Europa si direbbe la Germania”.
Il quadro insomma è già complesso e potrebbe addirittura peggiorare per l’Europa: "A livello globale, le tensioni geopolitiche sono elevate e gli sviluppi politici in diversi Paesi sono difficili da prevedere". Dubbi a cui si aggiungono le incognite legate al ritorno di Donal Trump alla Casa Bianca: "L'imminente cambio di amministrazione negli Stati Uniti aggiunge incertezza alle prospettive dell'inflazione: i cambiamenti nella politica fiscale e commerciale avranno probabilmente un impatto significativo sull'economia, con implicazioni per la politica monetaria".