Nonostante i ripetuti flop, secondo gli analisti la tendenza della “sharing mobility” continuerà a crescere nei prossimi anni Milano - FOTOGRAMMA
Biciclette, motociclette, monopattini: tutti in condivisione e rigorosamente “verdi”. È la cosiddetta “sharing mobility” nata qualche anno fa e che ha conosciuto ovunque un boom di utenti, perlopiù giovani ma non solo, per spostarsi nelle città piccole e grandi a costi ridottissimi e senza usare automobili proprie o mezzi pubblici. Un boom che è stato accentuato dal distanziamento a causa della pandemia e che però ora mostra sensibili segnali di rallentamento. Nella prima metà del 2023, infatti, hanno chiuso in Italia alcuni servizi importanti come l'olandese Go Sharing (che aveva acquisito l'italiana Zig-zag) e la spagnola Acciona, che era presente a Roma e Milano, seguita dall’uscita dell'operatore Reby di monopattini, presente in sei città, tra cui Bergamo e Napoli. È di qualche giorno fa, poi, la notizia che Micromobility.com, società di sharing di monopattini col marchio Helbiz fondata da Salvatore Palella e già quotata al Nasdaq, si è vista revocare la quotazione dal listino tecnologico americano perché il titolo ha scambiato sotto il prezzo minimo di un dollaro per 30 giorni consecutivi e non è riuscita a rispettare il requisito base di patrimonio netto.
E prima di Helbiz nel nostro Paese c’è stata la crisi di Cityscoot, controllato dall’omonimo gruppo francese, che a fine dello scorso novembre ha sospeso il servizio di sharing di moto. I numeri della società di Palella in Italia non sono incoraggianti. Helbiz Italia srl è stata costituita nel 2018 e da allora ha accumulato perdite per oltre 20 milioni di euro. Qualche settimana fa, infatti, a Milano s’è riunita l’assemblea dei soci alla quale era presente proprio Palella quale legale rappresentante della controllante Helbiz Europe Ltd, basata in Irlanda, per approvare il bilancio 2022 chiuso con una perdita di oltre 5,8 milioni di euro rispetto a quella di 9,8 milioni del precedente esercizio e dopo che nel biennio 2019-202e le perdite erano state di 3,5 milioni. Helbiz Italia ha però cinque anni di tempo per riassorbire le perdite tramite utili futuri o aumenti di capitale e la relazione sulla gestione sottolinea che i ricavi 2022 sono stati di 5,7 milioni e che la società «ha iniziato un importante piano di ristrutturazione con l’intento di ridurre notevolmente i costi di produzione» così che «sono stati bloccati tutti i progetti non legati al core business». La più grave crisi di Cityscoot la lasciato in Italia 40 dipendenti senza lavoro e 750 motorini elettrici abbandonati per strada.
Lo scorso 8 novembre, infatti, Cityscoot Italia srl, società che gestiva il servizio, è stata messa in liquidazione dopo che il bilancio 2022 ha evidenziato una perdita di 4,9 milioni di euro, di poco inferiore a quella di 6,1 milioni del precedente esercizio e che, pur a fronte di ricavi saliti anno su anno da 1,3 a 2,6 milioni, ha portato il patrimonio netto in negativo per 2,7 milioni senza contare che allo scorso 30 settembre c’erano ulteriori perdite per 2 milioni. La nota integrativa del bilancio rivela che Cityscoot è stata un buco nell’acqua perché nel corso degli anni ha accumulato un rosso di ben 24,7 milioni che il socio ha ripianato fino a 19,8 milioni ma poi, qualche giorno fa, ha deciso di staccare la spina. « Nonostante i nostri numerosi sforzi per restare aperti, le nostre energie non sono bastate. Abbiamo un solo obiettivo: tornare», ha fatto sapere l’azienda ai propri dipendenti. Non si capisce davvero come, visti i numeri del disastro e la messa in liquidazione.
I casi citati sono l’anticamera della fine della sharing mobility e significa che i cittadini si stanno disaffezionando a forme di mobilità condivise e “green”? Certamente ha pesato la maggiore regolamentazione di questo settore, voluta dalle amministrazioni comunali, che ha determinato una riduzione del numero di operatori: basti pensare che a Parigi i monopattini sono stati vietati dallo scorso settembre dopo un referendum popolare. E tuttavia secondo un recente studio di Bearing Point intitolato “Destination 2030” entro i prossimi 6 anni gli spostamenti a livello mondiale con mezzi condivisi passeranno dall’ 8 al 23%. Insomma: quella della sharing mobility è sì una crisi, ma di crescita.