La sede di Mps a Siena
Il Tesoro non ha alcuna fretta di privatizzare e intende scegliere il momento migliore per cedere le sue quote di Monte dei Paschi. Non c'è nessuna accelerazione da parte del governo e qualsiasi operazione sulla quota del 64,2% della banca in mano pubblica verrà fatta nel momento migliore, allo scopo di valorizzare al meglio la partecipazione e garantire il perseguimento dell'interesse pubblico. E' quanto fanno sapere fonti del Mef, confermando che la privatizzazione dell’istituto di credito di Siena ci sarà e avverrà nelle modalità decise dal Parlamento. Il titolo però continua a perdere terreno a Piazza Affari, penalizzato dal rincorrersi delle voci che ipotizzano una cessione sul mercato di una quota minoritaria.
Sul tema è tornato oggi Il Messaggero, parlando di un mandato ad Equita sim, società milanese che conosce bene la realtà di Siena, per studiare le modalità e le tempistiche della dismissione che - secondo il quotidiano - potrebbe interessare una quota dell'8% e avvenire già nella prima decade di ottobre. Il titolo, che già ieri aveva chiuso con un tonfo del 4,3%, perde in Borsa un altro 3% a 2,48 euro.
"Il rischio di overhang di un collocamento (cioè di un grande afflusso di azioni che il mercato faticherebbe ad assorbire senza l'incentivo di un forte sconto, ndr) sta crescendo e potrebbe non andarsene nel caso in cui venissero valutate ulteriori vendite entro giugno 2024, mentre per l'M&A potrebbe volerci tempo", scrivono gli analisti di Mediobanca.
Secondo il Messaggero le analisi dei tecnici del Tesoro avrebbero accertato che una quota inferiore al 10% potrebbe essere assorbita agevolmente senza turbolenze gravi sul titolo. Inoltre, questa mossa servirebbe per testare il mercato e vedere le reazioni, con il Mef che scenderebbe di poco (al 56% circa), restando comunque sopra la quota di controllo che, secondo gli accordi con le autorità europee, dovrà dismettere entro giugno 2024. Solo successivamente si passerebbe alla ricerca di un partner per l'uscita definitiva del Tesoro. Sul tavolo restano sempre le due opzioni più accreditate per il matrimonio: Unicredit e Bpm, anche se entrambe smentiscono.