È il presidente e amministratore delegato di Nissan Italia, il marchio che da anni più di ogni altro punta sulla mobilità elettrica pura e produce la Leaf, la vettura a “zero emissioni” più venduta al mondo. Potrebbe esultare dunque Bruno Mattucci di fronte alla prospettiva dell’eco-bonus che scatterà a partire dal 1 marzo prossimo per chi acquisterà questo tipo di auto.
Invece il discorso è molto più complesso...
«L’incentivo introdotto dal governo è senz’altro interessante ma nei confronti della mobilità in generale non c’è ancora la progettualità necessaria. Con l’ecotassa però è stato introdotto anche un “malus” per le vetture che superano i 160 g/km di emissioni di CO2, poche per fortuna, che rispondono comunque ai criteri di omologazione italiani ed europei. I costruttori si sono attrezzati per adeguarsi alle direttive e ora vengono penalizzati».
Forse non è ancora del tutto chiaro quale modello di mobilità vogliamo per il futuro?
«È esattamente questo il tema da trattare. Le linee tracciate recentemente sono valide, ma si possono migliorare. Uso un paradosso: vogliamo far viaggiare gli italiani in mongolfiera? Bene, allora attrezziamoci. Oppure il modello è quello elettrico? Meglio per noi di Nissan. Ma allora mettiamo in piedi un piano serio, definiamo obiettivi a medio e lungo termine, e poi si inizia a lavorare. Qui invece manca questa progettualità, si arriva subito alla coercizione: blocco delle circolazione, taglio per i diesel. Senza un progetto chiaro, virtuoso e programmato per gradi».
Ci spiega invece qual è la visione di Nissan?
«Il nostro marchio ha una pianificazione diversa, per arrivare ad un mondo di guida elettrica, autonoma e connessa. È una visione che non può essere realizzata in un giorno, oggi in Italia si vendono 2 milioni di auto all’anno: nessuno ha la capacità produttiva per sostituire il parco circolante in tempi brevi. Ma occorre lavorare per un piano e dare l’opportunità a tutti i costruttori di operare una transizione profonda ma intelligente».
Le pare che in questo momento esista il “clima” giusto per farlo?
«Purtroppo no, oggi esistono solo schieramenti pro e contro l’automobile. Invece occorre lavorare tutti insieme. Stiamo entrando nella “tempesta perfetta”, un’epoca in cui le regole comunitarie ci obbligheranno a cambiare questo modello di mobilità attraverso i nuovi limiti di omologazioni che renderanno necessario uscire da alcuni tipi di motorizzazione. E i benefici saranno per tutti».
Non pensa che passare all’elettrico in maniera massiccia significhi diventare schiavi delle nazioni che posseggono il litio e il cobalto delle batterie?
«Può essere vero, ma il modello da cui proveniamo è quello del petrolio, quindi non cambierebbe molto. Il tema è come andremo a reperire queste risorse, con un approccio cioè necessariamente più etico di quello attuale che alimenta le guerre in nome del petrolio».
Altro problema: le batterie poi dove finiscono?
«La batteria al piombo di una vettura tradizionale ha una vita media di tre anni, quella di un’auto elettrica arriva fino a 20, e lo smaltimento del litio può essere meno impegnativo».
Quali i vantaggi e quali i tempi per ottenerli?
«Nissan è in campo con moltissime iniziative. Occorreranno 5-10 anni per concretizzarle, ma i vantaggi saranno enormi. La guida autonoma ci consentirà una mobilità condivisa e meno caotica, alleviando la congestione del traffico nelle grandi città. La connessione risolverà molti problemi relativi alla sicurezza sulle strade. E la motorizzazione elettrica significa aria più pulita. Nissan sta realizzando la più grande struttura italiana di ricarica veloce presso le sue concessionarie a disposizione dei clientui: per ora 100 colonnine. Stiamo lavorando per costruire qualcosa di importante».
L’obiezione però è obbligatoria: se l’elettricità non è prodotta da fonti rinnovabili, siamo daccapo....
«Non è esattamente così. Noi stiamo sperimentando il meccanismo del Vehicle-To-Grid (V2G) insieme a Enel: c’è la possibilità di andare a produrre energia da rinnovabile e usare i serbatoi dei veicoli come sistema di stoccaggio dell’energia, che diventerebbe anche trasferibile con la guida autonoma, e restituibile alle abitazioni. Quindi l’auto potrà diventare non più solo un mezzo di trasporto ma un accumulatore su quattro ruote. Lo abbiamo già sperimentato in Danimarca, in Inghilterra, ad Amsterdam: ora finalmente anche in Italia grazie alla collaborazione di alcune Università. E si è rivelato un modello vincente. Così cambia completamente la prospettiva e si aprono scenari incredibili. C’è un mondo interessantissimo che ci aspetta: l’atteggiamento giusto allora deve essere positivo, aperto, costruttivo. Ma dobbiamo lavorare insieme per meritarci questo futuro».