Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum
Dall’alto del suo coefficiente Cet1 sopra al 20% — un livello di solidità patrimoniale che ha pochi eguali in Europa — Banca Mediolanum guarda alle difficoltà che sta attraversando il suo settore in Italia e, in parte, nel resto d’Europa, con qualche preoccupazione. L’eccesso di regole, ammette l’amministratore delegato Massimo Doris, sta diventando un problema. «Sembra che quasi che la mano destra non sappia che cosa fa la sinistra — spiega Doris —. Da un lato la Banca centrale europea inonda il mercato di liquidità per fare arrivare credito all’economia, dall’altro la stessa Bce ti chiede di accantonare cifre elevatissime per potere aumentare i prestiti. Siamo tutti d’accordo che le banche devono diventare sempre più forti e solide, ma serviva un po’ di gradualità. Tra il 2007 e il 2016 il Cet1 delle banche italiane è addirittura raddoppiato…».
È un po’ strano sentirlo dire da voi che avete un livello di solidità invidiabile.
«Il problema è che queste regole stanno complicando la crisi e se c’è crisi, al di là di qualche vantaggio temporaneo, stiamo peggio tutti. Si spingono le banche verso il rischio zero, cosa per sua natura incompatibile con l’attività di impresa, con il risultato che gli istituti di credito oggi danno prestiti solo alle aziende “perfette”, società che funzionano già benissimo da sole, perché per prestare denaro a chi ne ha bisogno si viene penalizzati moltissimo a livello di capitale da accantonare».
I cattivi prestiti sono quelli che oggi soffocano le banche italiane. Vedete una via d’uscita?
«Penso che una garanzia dello Stato sui crediti più problematici sia l’unica via percorribile, se l’Europa darà il permesso. In generale le sofferenze sono state già svalutate del 60%, ma il mercato le compra al 20%. Se le banche ci perdono altri miliardi svendendole a questi valori dovrebbero raccogliere altri capitali per aggiustare i coefficienti patrimoniali. Così è un circolo vizioso».
Mps ha appena presentato il suo piano industriale. Possibile rilanciare una banca che ha i problemi del gruppo toscano?
«Non mi chiedo nemmeno se è possibile farlo, bisogna rilanciarla e basta. Non possiamo lasciare andare a scatafascio un gruppo come il Monte dei Paschi, sarebbe un disastro se dovesse essere sottoposta al bail in».
Per voi questo 2016 sembra un’ottima annata, aumentano i clienti e le masse gestite. Che cosa ha portato a questi risultati?
«Direi la combinazione di fortuna e lungimiranza. Fortuna perché fin dall’inizio abbiamo adottato un modello, quello della relazione telefonica con il cliente, che ci ha permesso di non doverci dotare di una struttura ampia e costosa di filiali, i cui costi fissi sono una delle grandi zavorre delle banche tradizionali in questi tempi. Abbiamo in qualche modo anticipato i tempi del Web. Lungimiranza perché siamo sempre stati molto attenti alla gestione dei rischi: abbiamo spesso rinunciato a concedere crediti quando il rischio ci è sembra eccessivo, una scelta che con la crisi ha pagato».
La vostra relazione con il cliente si distingue anche per questo stargli vicino quando è in difficoltà, come adesso state facendo con i terremotati. Qual è il senso di queste iniziative?
«Abbiamo raddoppiato fino a 3 milioni di euro lo stanziamento a fondo perduto per aiutare i clienti e i collaboratori che hanno subìto danni dal sisma del Centro Italia. Mercoledì ho consegnato 838mila euro a 42 clienti colpiti dal sisma, un mese fa mio padre Ennio ha consegnato un milione e 259mila euro ad altri 53 clienti. È qualcosa che abbiamo iniziato fare più di vent’anni fa, stanziando un miliardo di lire per i clienti colpiti dalle alluvioni in Piemonte nel 1994. Dopodiché abbiamo replicato questo tipo di iniziative con le calamità naturali in Abruzzo, Emilia e altri casi simili, così come abbiamo aiutato i clienti che hanno perso dei soldi con un cataclisma finanziario come il crollo di Lehman Brothers. Sappiamo che come banca ci è richiesto di gestire i risparmi, ma pensiamo che sia importante fare sentire al cliente che siamo al suo fianco anche nei momenti difficili».