Anche le ferie cambiano con il lavoro flessibile - Archivio
Dopo un anno complesso, in cui la situazione geo-politica, sanitaria e climatica hanno messo tutti a dura prova, finalmente per molti arrivano le tanto desiderate ferie e con loro un po’ di riposo. E come ogni anno il tema è sempre lo stesso: si riesce davvero a staccare dal lavoro in vacanza? Secondo un’analisi condotta da Reverse, qualche passo avanti in questo senso si sta riscontrando. Il 50% degli intervistati infatti dichiara di vivere serenamente il rapporto con i superiori nella gestione delle ferie e quasi il 51% afferma di rimanere parzialmente reperibile per propria scelta. «Il fatto che questa tematica sia ancora di estrema attualità testimonia il fatto che in Italia siamo ancora lontani da una logica di lavoro per obiettivi e non per ore lavorate - spiega Alessandro Raguseo, ceo e fondatore di Reverse -. Eppure, a mio parere è questa la chiave per ottenere un bilanciamento reale tra vita professionale e vita privata e di conseguenza dipendenti più soddisfatti e quindi più produttivi». Oltre al diritto alle ferie, esiste anche la legge 6 maggio 2021 n.61, che sancisce il diritto alla disconnessione e stabilisce che «è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L'esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi». «Sono assolutamente d’accordo con il diritto alla disconnessione, se pensiamo ad una concezione del lavoro come quella attuale in cui le ore lavorate superano di gran lunga quelle di riposo e in cui nel 40% dei casi il dipendente non ha libera scelta sui giorni e sulle ore in cui disconnettersi - aggiunge Ragueso - . Quello che mi auguro, però, è che in futuro si possa fare un ulteriore passo in avanti, allontanandosi da una logica lavorativa di controllo verso una di fiducia in cui è il dipendente a decidere quando lavorare e quando riposare, seguendo l'esempio di alcune aziende americane che, proprio là negli Usa dove le ferie sono non garantite e merce rara, hanno optato per un modello di giorni illimitati a discrezione del dipendente. In uno scenario del genere infatti il lavoratore garantirebbe più volentieri la propria reperibilità. Sono fermamente convinto che il futuro del lavoro sia questo. Una gestione serena e di fiducia anche nella gestione del rapporto ferie/lavoro. In cui non ci sia più la battaglia tra chi “stacca completamente” e chi “rimane reperibile”, tra chi lavora più ore e chi ne lavora meno. Ma che ognuno gestisca in autonomia i propri task, i propri obiettivi e il proprio riposo. Con una possibile ricaduta positiva, aggiungo, sul fenomeno molto italiano dell'andare in ferie tutti insieme ad agosto spendendo sensibilmente di più».
E pensare che i lavoratori italiani - in una ricerca di Randstad Workmonitor del 2020 - risultavano essere degli stakanovisti anche fuori dall'orario di lavoro e in ferie. Il 71%, infatti, risponde a telefonate, email e
messaggi anche fuori dall'orario di lavoro, al terzo posto in Europa, +6% rispetto alla media globale. E il 53% confessa di restare “connesso” per gestire attività di lavoro anche in vacanza. Una pressione che viene dal datore di lavoro che, secondo il 59% dei dipendenti, si aspetta gestiscano questioni di lavoro anche fuori dall’orario d’ufficio e, secondo il 52%, rispondano durante le ferie e il tempo libero. Se la dilatazione dei tempi di lavoro a danno della vita privata è già una realtà, però, solo il 54% degli italiani gestisce abitualmente questioni personali durante l’orario lavorativo, ben 13 punti sotto la media mondiale e all’ultimo posto a livello globale.
Mentre in media, i lavoratori europei affermano di aver bisogno di 17 giorni di vacanza per “ricaricare le batterie”. Nel Regno Unito, 8 giorni e mezzo sono sufficienti; i lavoratori italiani ne vorrebbero 11, mentre in Paesi come Spagna e Finlandia sembra esserci un gran bisogno di vacanza, dato che vorrebbero rispettivamente 27 e 34 giorni. Le differenze sono meno significative quando si parla di un periodo di vacanza fisso da prendere ogni anno. Per esempio, il 37% dei lavoratori europei segue un modello che si ripete ogni anno per i periodi di vacanza. In particolare, i lavoratori olandesi (45%), italiani (42%) e belgi (42%) usufruiscono di un periodo di vacanza annuale, mentre la stessa cosa accade solo al 23% dei lavoratori finlandesi. Un modello di ferie annuali ricorrenti si riscontra soprattutto tra persone sposate e conviventi. Tra i single, solo uno su tre ha un periodo fisso di vacanza. Un periodo più corto, come un weekend lungo o un giorno di ferie è quello che preferisce infine il 33% di lavoratori europei. Sorprendentemente, un altro 37% dei lavoratori europei vorrebbe prendersi un periodo sabbatico non pagato, una volta consumate tutte le ferie. Vediamo che questo accade soprattutto con i lavoratori svedesi (44%), inglesi (43%) e finlandesi (42%), mentre questo tipo di scelta interessa meno gli spagnoli (27%). Dalla ricerca emerge chiaramente che non per tutti è così ovvio tenere le vacanze separate dal lavoro. Un terzo dei lavoratori europei afferma infatti di continuare a seguire il lavoro quando è in vacanza, per esempio controllando la mail e rispondendo a telefonate di lavoro. Si tratta di un’abitudine propria soprattutto dei lavoratori norvegesi (45%), olandesi (37%) e italiani (34%). I lavoratori tedeschi sono molto meno dediti al lavoro quando sono in vacanza: solo il 23% infatti legge le email e risponde al telefono. Inoltre, una media del 30% degli intervistati indica di avere difficoltà a staccare mentalmente dal lavoro durante le vacanze. I lavoratori norvegesi (36%), inglesi (33%) e italiani (32%) in particolare fanno fatica a fare questo. Dal punto di vista dell’età, sono soprattutto i lavoratori più giovani tra i 25 e i 34 anni che trovano difficile disconnettersi dal lavoro durante le vacanze (38%). L’ansia diminuisce poi con l’età: solo circa il 20% degli over 55 dice infatti di aver difficoltà a lasciar andare mentalmente il lavoro.